LA STORIA SI RIPETEHo deciso di estendere il mio diario storico, a colonia ormai estinta, raccontando le mie esperienze con una nuova specie messa a confronto.
Ogni volta che un nuovo utente chiede informazioni su come allevare
Messor barbarus, e il motivo per cui non esiste sul forum una scheda dedicata a questa formica così gettonata, noi moderatori abbiamo sempre risposto che fondamentalmente le due specie sono uguali, e che bastava seguire le indicazioni sulla scheda di
M. capitatus, per far fondare correttamente la regina e crescere bene la propria colonia.
E’ assolutamente vero; tutte le formiche del
Gruppo Messor, hanno una dieta simile, lo stesso stile di fondazione (se escludiamo
M. structor/ibericus), e un comportamento caratteriale abbastanza omogeneo.
Tuttavia anni di osservazione ci hanno insegnato che ogni regina, ogni colonia, fanno un caso a sé, che l’indole delle regine fondatrici può influenzare il carattere stesso della propria discendenza, e questo può portare a differenze che a prima vista parrebbero infinitesimali, ma che potrebbero portare a differenze sostanziali con lo sviluppo di una discendenza numerosa.
Non volevo “resuscitare” questo diario perché consideravo conclusa l’avventura della regina dell’Elba, né volevo crearne una copia con la testa rossa, inoltre sul forum esistono già altri diari validi che non devono essere sottovalutati.
Il mio amico LeoZap sta portando avanti una bella colonia di
M. barbarus che per quel che mi riguarda ha raggiunto una popolazione e una bellezza che penso superino ampiamente i risultati della mia vecchia famiglia, ma credo sia interessante riportare qui alcune esperienze con una specie così vicina a
Messor capitatus, che a volte diamo certe osservazioni per scontate, e come ognuno di noi a differenti punti di vista, strategie di allevamento, preferenze di arena, dieta e struttura dei nidi, io vorrei riportare le mie dirette esperienze come cartina tornasole, che chi ha letto il mio vecchio diario fin qui, possa veramente confrontare.
Più una evoluzione della storia, che un dovere di cronaca, perché anche io sono cresciuto e maturato come allevatore, e sempre nuovi allevatori stanno confrontando le proprie esperienze, quindi chissà che i miei racconti possano tornare ancora utili e di ispirazione a chi sta già allevando questa specie con successo, o finora l’abbia trascurata e possa sentirsi stimolato a sua volta a sperimentarla.
Moltissimi di quelli che scrivono sul nostro forum, ma anche chi lo fa su
FB in altri validi punti di incontro sull’argomento, iniziano la propria avventura con le parole
“Ho rice[i]vuto in regalo…”, oppure:
“Mi è appena arrivata…” e quesi sempre terminano con la specie [/i]Messor barbarus.
Il motivo è abbastanza semplice, non ci sono segreti: questa formica è comunissima in tutta la fascia costiera francese calda, ma soprattutto in terra di Spagna. Oserei dire che nel periodo giusto sono numerose e facili da prendere più delle nostre
Lasius più comuni quando ci si mettono d’impegno!
Ora, un famoso sito spagnolo che vende attrezzatura mirmecologica ha l’abitudine di “regalare” una regina per ogni acquisto operato in rete, e il più delle volte le regine che spediscono appartengono a questa specie.
Perché sono belle, sono grandi, e sono facili da allevare.
Perché sciamano in grande quantità in autunno, costituendo una buona scorta invernale per chi scopre questa passione nella stagione sbagliata per iniziare, e la pausa invernale è ideale per smerciare le regine in eccesso, che magari, tenute al caldo, hanno già cominciato a deporre e costituirebbero un onere per chi volesse tenerne centinaia in cantina fino alla primavera successiva.
Io stesso, tentato dalla bellezza di queste regine così “esotiche”, ne presi una ad Entomodena anni fa, quando la fonte obbligata era il solito banchetto di uno spagnolo famoso, che arrivava a venderle a
“3 regine - 10 euro”! Credo sia l’unica regina che abbia mai comperato ufficialmente, e non me ne sono pentito, perché da noi erano introvabili, e la signora se la spassa tutt’ora a casa di un amico, sfornando figlie con una magnifica testa rossa, e un certo numero di alati, maschi e regine, ogni anno.
Le mie osservazioni però, sono sempre state piuttosto sporadiche. Quando ho acquistato questa formica avevo la mia grande colonia da seguire, e tante altre che mi portavano via tempo se volevo osservare davvero quello che era la loro interessante vita. Così dopo poco più di un anno l’ho regalata all'amico Jacopo, e gli anni sono passati.
Solo ultimamente sono stato tentato come da un frutto proibito: erano disponibili regine di provenienza assolutamente italiana (Celle ligure, 17 settembre 2018)!
Questo ai miei occhi cambiava le cose, perché una formica così vicina geneticamente all’altra specie, ma anche geograficamente come provenienza, solleticava il mio interesse in modo nuovo!
Così il 24 settembre 2017 me ne sono portato a casa una, ma come può avvenire, la regina era “difettosa”; forse non correttamente fecondata, forse con problemi fisici che non ho potuto approfondire per rispetto della privacy, le sue uova non hanno mai schiuso.
Ho tentato anche di farle adottare operaie della stessa specie provenienti dal nido spagnolo della mia ex-colonia, nella speranza che un poco di assistenza potesse giovarle, e l’operazione è andata in porto, ma per quanto accudite, leccate e coccolate, le uova ancora non si sono schiuse.
Come avrete letto nel post precedente, ho fatto poi adottare la stessa regina alle superstiti della colonia di
capitatus! Sembrava tutto così facile, a questo punto dovevano crescere le larve osservate e la nuova colonia partire, invece nessuna larva è mai diventata adulta, le operaie le hanno mangiate, e forse a conti fatti erano quelle delle stesse operaie, quindi votate a diventare maschi. L’esperimento quindi è fallito.
- La regina con le operaie adottate della seconda colonia.
Scoraggiato, avevo abbandonato l’idea di ricominciare daccapo con una nuova colonia di
capitatus, quando il nostro Feyd mi ha offerto l’opportunità di adottare una piccola colonia in suo possesso, sviluppata dalla medesima sciamatura di
M. barbarus liguri, che stavolta aveva avuto successo. Il 23 settembre 2018 porto a casa la colonia in forma con circa 150-200 operaie, qualche major, e una discreta covata.
Sono alloggiate in provetta posizionata in arena, tutto plastica, ma in ottima salute, a riprova dell’adattabilità di queste formiche.
Appena ne ho l’occasione, costruisco un nido medio in gasbeton e le traferisco senza problemi il 4 marzo del 2019. In mezz’ora le formiche stanno già traslocando la covata in quella che a loro deve sembrare una reggia.
Siccome ho intenzione di servirmene al più presto nelle mie lezioni scolastiche, non lesino sul riscaldamento e la regina risponde prontamente, sfornando decine di uova per la felicità delle operaie. In poco più di un mese ho tutti gli stadi di crescita presenti e il formicaio è presentabile, solo che in pochi mesi la famiglia cresce a dismisura per il nido, e quello potrebbe ancora essere arginato riducendo il riscaldamento, ma il fatto è che iniziano subito a scavare!
- Il primo nido in gasbeton che ospita la colonia. Ero ottimista, ma non sapevo cosa mi aspettava...
- Queste formiche vanno oltre la colorazione classica della semplice testa rossa: hanno meravigliose screziature, e la regina stessa è bicolore, con testa e addome rosso-cupo!
Sul volgere dell’estate sono costretta correre ai ripari: prima collego un secondo nido, in modo di alleggerire la pressione degli abitanti del primo nido (non voglio e non posso traslocarle ora!), poi devo mettere entrambi i nidi in un contenitore di sicurezza, spalmato di antifuga. Le formiche infatti hanno iniziato ad evadere bucando il gasbeton in un paio di punti critici, e questo nonostante lo spessore di sicurezza di circa 4 cm!
Riesco ad arginare momentaneamente il problema. Applico con una mini-cazzuola qualche strato di gesso dove si è formata la falla. Le formiche infatti faticano molto a forare il gesso asciutto, se l’impasto è stato fatto nelle dosi giuste, ma sono solo tappabuchi: in poche settimane possono aggirare l’ostacolo e bucare altrove, cosa che faranno! Insomma, affido all’antifuga del contenitore la sicurezza di casa mia e mi prendo il tempo di pensare a come risolvere il problema durante il prossimo inverno!
Le formiche sono libere di scorrazzare in tutto il contenitore, tanto che ormai disdegno l’arena originale e fornisco il cibo lì. Sono anche costretto a limitare l’apporto di acqua nel portavasi che uso come umidificatore, perché spesso le operaie ci portano sotto parte della covata e rischio di annegarle. Insomma, tutta la mia esperienza, e questo nido si è rivelato una trappola, un vero disastro morale!
Comincio così a pensare a una
“soluzione finale”.
Come risolvere l’eterno problema delle fughe nel gasbeton? Questa colonia promette di diventare enorme, in una estate sono diventate già migliaia!
Frutto di una eredità genetica?
Questa regina è più prolifica della mia vecchia
capitatus o è anche un fattore di specie?
L’altra colonia è cresciuta così velocemente solo al terzo anno, ma allora io avevo anche molti limiti sia come materiali da usare, che nelle cure della colonia, per non parlare dell'alimentazione!
Per contro, la mia prima colonia di
barbarus, quella che ho dato a Jacopo, pur prolifica, non è diventata tanto numerosa in così breve tempo! Quindi devo pensare che più che la specie, sia un fatto solo di regine?
Per fortuna sul forum posso contare su chi ha fatto esperienze similari. Serve per questo!
Mi confronto con LeoZap, che al momento alleva la sua fiorente colonia e che mi conferma gli stessi problemi: crescita esponenziale in breve tempo, buchi dappertutto, formiche incontenibili! Come ha risolto?
Semplice, come fanno già molti altri con specie altrettanto “evasive” (se non di più): mette tutto dentro una teca.
La teca che racchiude il nido vero e proprio è la soluzione finale; questa soluzione però presenta caratteristiche in disaccordo con il mio uso delle colonie: prima di tutto pesa molto ed è ingombrante.
La vetrata a cui si accosta il nido deve per forza di cose essere più alta del nido stesso, cosa che porta ad almeno 30 cm le pareti del perimetro, se si usa il classico formato del gasbeton. Poi racchiudere in vetro un blocco 60x25 comporta una resistenza dei materiali che richiedono un certo spessore ed aumentano ulteriormente la massa e il peso del modello.
Come risolvere? I miei nidi devono essere maneggevoli perché li sposto continuamente, anche per discrete distanze quando visito le scuole, e faccio tutto da solo.
Pensa che ti ripensa, ho messo insieme i consigli di LeoZap e degli altri allevatori che hanno più o meno i miei stessi problemi, e ho sviluppato un progetto che mettesse insieme tutti i vantaggi degli uni e le esigenze degli altri, creando un primo prototipo di nido in arena che per ora risolve i miei problemi. Sicuramente si può migliorare, ma ne ho fatti di passi dai primi nidi in gesso della vecchia colonia!
Il nido è IN ARENA, ma non tocca le pareti esterne.
Così ho risolto il problema dell’altezza delle pareti di vetro: non è come l’arena Zen del famoso nido costruito da Widowmaker (citato qui:
viewtopic.php?f=49&t=10672&start=15), perché le pareti qui si vedono e sono alte 10 cm, ma permettono una buona visibilità del nido pur trattenendo le formiche con maggiore sicurezza. Il nido vero e proprio svetta al di sopra, così ci si può avvicinare con la macchina fotografica senza toccare i bordi esterni.
Infatti l’arena è 40 x 80, con un leggero squilibrio nella pianta: ho messo il nido un po’ decentrato per avere più spazio su uno dei lati e lavorare e osservare meglio.
Credo che sia stato un piccolo errore: ottimo davanti, ma dietro un pochino penalizza gli spazi.
- Immagine anteriore del nido appena fissato al supporto.
- Vista dall'alto: qui si capisce un po' cosa volevo fare, ma il risultato non è ne carne né frutta.
Come ho attaccato il nido all’arena (visto che devo portarlo in macchina spesso e una frenata potrebbe scollarlo e mandarlo a sbattere nelle pareti)?
In tre modi diversi.
Innanzitutto l’arena non è di vetro, ma del solito plexiglas. Questo limita il peso.
Il pavimento è una lastra leggera, ma è incollato con colla a caldo a una tavola di legno di pino. La stessa tavola è attraversata da sotto da 5 viti spesse e lunghe, che vanno a inserirsi nel gasbeton facendo da armatura dentro il blocco, che è precedentemente stato incollato, sempre con colla a caldo, al plexiglas. Intorno al nido, ho fatto una colata di gesso colorato che simula il terreno. Questo gesso fornisce un ulteriore rinforzo di contenimento e crea una specie di effetto di continuità fra il pavimento e l’esterno del nido.
- Le viti centrale di supporto, le due più esterne sono un centimetro e mezzo più lunghe.
Non ho voluto eccedere nel simulare il terreno, mettendo terriccio, sassi mobili o creando una ruvidità che avrebbero solo reso più difficile pulire l’arena quando necessario. Una scelta come un’altra. Mi piacciono esteticamente le arene finto-naturali, ma sono una trappola per lo sporco e un nascondiglio per le formiche, soprattutto se parliamo di
Messor, che per sporcare non devono impararlo da nessuno.
Se le formiche bucheranno il gasbeton non andranno da nessuna parte, e quello era il mio obbiettivo.
Hanno spazio per muoversi fuori, e tanto spazio (per ora) dentro.
Il nido è a doppia faccia con gallerie ampie di collegamento fra i lati che aumentano la vivibilità e l’aerazione. Su un lato ho scavato un foro di profondità con un tubo per mettervi acqua ed inumidire parzialmente l’interno, ma abbiamo visto da tempo che il nido può essere lasciato asciutto e compensare con buone provette di approvvigionamento idrico in arena.
- La colonia appena trasferita. Ho già rimosso i due vecchi nidi e la popolazione si è agglomerata sul lato B.
- Le formiche sono molto assetate dopo la pausa invernale e si attaccano a ogni goccia d'acqua disponibile...
Un tocco nuovo è stato creare sulla sommità del gasbeton una finta collinetta in gesso, che raggruppa ben tre uscite dirette del nido. Fare più uscite è stato automatico, dati gli spazi in gioco. Tanto sono raccolte in un’area di 10 cm e le formiche sembrano apprezzare il fatto che non ci siano tubi di plastica. Quelli li ho messi al momento della colata di gesso per ottenere le entrate che volevo, poi li ho sfilati una volta solidificato il materiale.
- Le entrate al nido nella "falsa collinetta” sulla sommità del blocco in gasbeton.
Per trasferire la colonia ho aperto i due nidi vecchi e messi direttamente uno sull’altro in arena, accostati a quello nuovo. In poco più di due giorni ho ottenuto un trasloco pulito come non ne vedevo da tempo con le
Messor. Una prima differenza fra le specie? Non posso dirlo, ma ricordo operaie recalcitranti che non lasciavano i ruderi della vecchia casa nemmeno sotto i getti della doccia, e qui se ne sono andate tutte da sole senza farmi impazzire.
Alla prova di collaudo la colonia si sta comportando bene. Sono persino riuscito a veder ricreare una colonna di foraggiatrici che va alle provviste o all’acqua in arena, cosa che con altri modelli di arena non ero riuscito ad osservare. Forse perché per ora sono poche rispetto agli spazi in gioco.
In pochi giorni, dal glomere iniziale tipico del trasferimento in un nido nuovo, le formiche si sono ben distribuite e ho potuto registrare una certa presenza di uova. Non mi è dato sapere se fossero già presenti o se appena deposte; il nido ora è in casa, senza grande apporto di calore (circa 15-20°) e le operaie si muovono lentamente ma si muovono, e mi sembra difficile che questo lieve sbalzo di clima possa aver già indotto una deposizione…
Per ora mi riservo di stare a guardare e vedere che succede.
- Salgono lungo il vetro... non hanno ancora capito che potrebbero trascinare le prede lungo i bordi senza scivolare, e forse non impareranno mai...
Vi aggiornerò appena ci saranno novità sostanziali ma soprattutto osservazioni particolari che testimonino una differenza di comportamento o biologiche fra questa colonia e quella di
Messor capitatus.
Per ora le differenze che ho registrato sono una certa preponderanza di operaie molto piccole e di colore chiaro, dove le minor di
capitatus erano decisamente di stazza più robusta e ben distribuite nelle taglie. Qui le major sono notevoli, ma in proporzione meno numerose. Le minor-minor sono tantissime, forse in previsione di una prole numerosa.
Ricordo anche l’osservazione di cure reciproche molto specifiche fra le operaie di
barbarus, a un livello tale che non ho potuto osservare in
capitatus, ma questo credo sia solo un caso fortuito, dato dal numero esiguo di operaie nella colonia che osservavo; più la famiglia cresce, più è difficile fare osservazioni curiose nella massa in movimento.
- La varietà cromatica di questa famiglia è bella e interessante, ma si rivela soprattutto sotto gli effetti di una buona illuminazione.
- Ecco come era ridotto il primo nido già agli inizi dell'autunno.
- Il lato B con le provviste e parte della popolazione rintanata in basso.