Ant encounters di Deborah Gordon

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Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda morgante » 10/11/2011, 11:17

Lessi uno stralcio di questo libro su Internazionale qualche mese fa insieme ad una breve recensione.

Mi sembrò interessante

http://press.princeton.edu/titles/9240.html

e, dopo varie traversie, sono riuscito a scaricarlo (acquistandolo, in inglese...) per il mio lettore ebook.

Appena lo finisco vi saprò dire; il concetto mi pare lo stesso da cui parte "Il superorganismo" (che farò acquistare dalla biblioteca e poi leggerò a sua volta). :geek:
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda david » 10/11/2011, 15:58

tienici informati,mi raccomando. ;)
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda traveller » 13/01/2012, 16:46

Testo di ottima qualità per il rigore e il buon senso dell’autrice. Organico, preciso e circostanziato, corredato anche di un po’ di quei sanissimi numeri che nei testi dei colleghi mancano quasi sempre. Nessuna affermazione azzardata, anzi il testo è infinitamente utile proprio perché invece di inventarsi dal nulla, dandole per certe, teorie tutte da provare, mette in evidenza quello che ancora non sappiamo sulle formiche (spiegando anche il perché non lo sappiamo) e punta il dito su tutte quelle false conoscenze che in realtà sono solo frutto di preconcetti. In particolare, comincia distruggendo dalle fondamenta il concetto di “divisione del lavoro” applicato alle formiche come se i compiti di ogni formica le fossero attribuiti in modo innato (cambiano spesso mansione, invece, anche nei casi in cui esistono “caste” di dimensioni diverse nello stesso formicaio) e l’idea che le formiche (e gli altri animali a parte l’uomo ovviamente…!) siano guidate solo dall’istinto o comunque da reazioni sempre uguali agli stessi stimoli.

Visto che nella sezione “Primi passi” abbiamo iniziato una mini discussione in proposito, integro la recensione con un paio di esempi che mi sembra illustrino abbastanza bene il metodo di lavoro della Gordon e degli altri colleghi e, nel contempo, chiariscano meglio il perché di alcune mie affermazioni.

Il più stupefacente è sicuramente il contro-esperimento al famoso esperimento dell’acido oleico di Wilson e Holldobler in cui la Gordon dimostra che in realtà la conclusione potrebbe essere esattamente l’opposto di quella che avevano tratto i colleghi. Per chi non conoscesse l’esperimento (trovate il testo completo qui http://psyche.entclub.org/65/65-108.html, ma se non ricordo male è riportato anche in “Formiche” di Wilson e Holldobler, ed. Adelphi) Wilson, Durlach e Roth dimostravano che le formiche (Pogonomyrmex badius in questo caso) reagiscono istintivamente a uno stimolo chimico solo perché guidate da una specie di “programma genetico” che vuole che reagiscano sempre nello stesso modo a uno stesso stimolo, anche quando quella reazione è irragionevole. E lo facevano nel modo seguente: prendevano pezzetti di carta e formiche vive e applicavano a tutti un acido grasso che emettono i cadaveri delle formiche, poi mettevano formiche vive e carta nel formicaio e le altre formiche prendevano tutto (comprese le compagne vive) e portavano via nel mucchio dei rifiuti credendo che si trattasse formiche morte. Detta così sembra che l’unico stimolo che prendono in considerazione le formiche sia l’odore di acido oleico. Ma le Pogonomyrmex della Gordon non si comportavano in quel modo, tanto che, scrivendo a Wilson della discrepanza, ha scoperto un’omissione che ha dell’incredibile (ammessa dallo stesso Wilson): le formiche trattate con acido oleico erano, sì, vive, ma immobili visto che le avevano raffreddate in modo che non riuscissero a muoversi. Ora, credo che chiunque di noi veda un animale immobile e che puzza di morto sarebbe ben lungi dal dedurre che è solo lo stimolo chimico della cadaverina sulle mie terminazioni nervose a innescare una reazione istintiva che mi fa ritenere che quell’animale sia morto. Se vedo che si alza e cammina, il dubbio mi viene. E infatti se la formica è stata raffreddata è perché doveva essere immobile affinché le altre la portassero via, altrimenti, evidentemente, malgrado l’odore di acido oleico, le compagne non avevano quella reazione così istintiva di considerarla morta comunque. Il testo di Wilson, Durlach e Roth, invece, non solo non accenna nemmeno al raffreddamento, ma lascia intendere abbastanza chiaramente che le formiche si muovevano.

Insomma, sembra che in molti casi il metodo normale sia partire da un preconcetto e cercare di dimostrarlo con “appositi” esperimenti, difendendo la posizione fino alla morte. La Gordon, invece, ha un approccio più rigoroso, tende a partire dall’osservazione e riempie il testo di tanti “forse”, “crediamo”, “non sappiamo” indubbiamente più onesti e più utili di tanti “sicuramente” che alla fine non sono supportati da dati convincenti.

Un altro brano interessante ed esemplificativo sulla divisione del lavoro ve lo traduco direttamente, così anche chi non mastica l’inglese può farsi un minimo di idea. La traduzione ve la metto a breve in un post separato in modo che non si possa confondere con i miei commenti.

Per chi invece l’inglese lo mastica, vi segnalo un bel sito dell’università di Stanford, dove lavora la Gordon, che riporta immediatamente leggibili in PDF diversi suoi articoli, anche più recenti rispetto al libro, che pure è del 2010. Li trovate qui http://www.stanford.edu/~dmgordon/publications.html

Buona lettura e fatemi avere i vostri commenti!
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda GianniBert » 13/01/2012, 18:01

Questo esperimento dell'acido oleico da sé, mina alla base molte dichiarazioni finora prese come indiscutibili. Il mio sospetto che le formiche (e non solo loro) non si comportino per forza come tanti robot, ma abbiano un loro "potere decisionale”, pur limitato dalle dimensioni del cervello e da reazioni istintive, troverebbe conferma e lascerebbe aperto lo spiraglio che non costringe tutti gli esseri viventi a "stimolo-reazione” obbligati senza possibilità di replica.
Ti ringrazio già per queste righe, e per lo sforzo che stai compiendo per mettercene al corrente! :clap:
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda feyd » 13/01/2012, 18:17

:clap:
molto interessante e grazie mille per la condivisione.
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda david » 13/01/2012, 23:27

beh se un metodo è scientifico deve essere svolto in condizioni scientifiche,se i test sono stati svolti in quel modo il test non è scientifico.
mi accodo ai ringraziementi e prima o poi voglio comprare anche io questo libro.... ;)
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda morgante » 14/02/2012, 15:54

Scusate il mio latitare ma, come avrete potuto intuire dal perfetto post di traveller, il testo in inglese non è poi così semplice da affrontare.
L'unica cosa che aggiungo (prima di terminare il testo e fornirvi precisa rece) è che la Gordon parla dopo esperimenti durati 23 anni (!) su colonie reali, smentendo a volte esperimenti realizzati ricreando "situazioni" in laboratorio con le sue osservazioni in natura.
I soggetti principalmente studiati sono le Solenopsis invicta e le Pogonomyrmex barbatus.
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda Ruben » 16/02/2012, 0:42

Un grazie enorme anche da parte mia,interessantissimo,e molto istruttivo! :clap:
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda traveller » 02/07/2012, 14:06

Ragazzi, vi avevo promesso la traduzione di un brano (che tra l'altro esemplifica anche molto bene il punto di morgante). E' un pò fuori tempo massimo, ma credo che comunque la dica abbastanza lunga sul metodo di lavoro di molti "scienziati" e sulla validità di conclusioni che vengono propinate come definitive tout court. Riporto la traduzione tra virgolette.

Ciao a tutti!

“Nonostante alcune ricerche suggeriscano che nelle specie con operaie di dimensioni diverse le operaie di una determinata dimensione tendano a svolgere determinati compiti, il passo successivo, ossia la dimostrazione che le operaie di una particolare dimensione svolgono il compito per il quale sono più adatte, si è dimostrato molto più difficile. Wilson ha tentato di dimostrarlo con alcune colonie in cattività di Atta cephalotes, che taglia foglie per coltivare all’interno del nido il fungo del quale le formiche si nutrono. Ha isolato alcuni gruppi di formiche dividendoli per dimensione, poi ha misurato e la quantità di foglie tagliate e la quantità di ossigeno consumato. Il presupposto era che le formiche che riuscivano a tagliare più foglie a parità di ossigeno consumato fossero le più efficienti. I vegetali erano di due tipi: petali di rosa morbidi e foglie di rododendro, più dure. Wilson ha scoperto che le formiche della dimensione che di solito tagliava i petali di rosa non erano necessariamente le più efficienti, mentre le formiche della dimensione che di solito tagliava le foglie di rododendro erano le più efficienti perché tagliavano più foglie a parità di ossigeno consumato. La conclusione della ricerca era che l’A. cephalotes si è evoluta verso la massimizzazione dell’efficienza nel taglio della vegetazione dura, ma non di quella più morbida. Ma tale conclusione non tiene presenti molti interrogativi riguardanti il rapporto con l’ambiente. Magari un gruppo di formiche di un’unica dimensione proveniente da una colonia di laboratorio taglia le foglie in modo diverso rispetto alle formiche di una colonia intatta. Magari non ha importanza ai fini della sopravvivenza o della riproduzione della colonia la velocità o la bravura con cui la colonia taglia le foglie, o magari alcune formiche più lente sono efficaci proprio come una super-tagliatrice di foglie. Forse le dimensioni contano per qualche aspetto che non ha nulla a che vedere con il taglio delle foglie. Ad esempio, le formiche più piccole alle volte si fanno trasportare dalle più grandi. Don Feener ha dimostrato che le formiche più piccole eliminano un parassita della famiglia delle Phoridae che depone le uova sulla testa delle formiche. Recentemente Charles Yackulic et al. Hanno scoperto che il trasporto delle formiche più piccole ha anche altre funzioni: queste raccolgono la linfa che fuoriesce dai bordi delle foglie trasportate dalle formiche più grandi e rimuovono i funghi parassiti dalle foglie prima che queste vengano trasportate fino al nido. Pertanto, il fatto che si siano evolute operaie di diverse dimensioni nelle formiche coltivatrici di funghi potrebbe non essere dovuto tanto alla maggiore efficienza nel tagliare i vegetali, quanto alla capacità delle formiche di una certa dimensione di occuparsi di parassiti di una determinata dimensione, o al fatto che un’accurata pulizia dei frammenti di foglia sia utile per il fungo di cui le formiche si nutrono. Il nostro giudizio in merito a quello che ci sembra più efficiente potrebbe non corrispondere ai reali sviluppi evolutivi."
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda feyd » 02/07/2012, 14:55

Beh si dice tutto e dice nulla :lol:
Alla fine conclusioni vere non ve ne sono e non credo che il problema delle colonie sia il consumo di ossigeno e quindi di cibo ma tanto la velocita con la quale vengono tagliate e trasportate le foglie.


Purtroppo lo studio di questi animali è molto soggettivo di suo.
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda traveller » 02/07/2012, 15:11

Il punto è proprio questo: è molto difficile tirare conclusioni quando abbiamo ancora così poche conoscenze e così poco solide. Gli studiosi che vanno per la maggiore, invece (non facciamo nomi, tanto li abbiamo già fatti) presentano conclusioni parecchio traballanti come se fossero il Verbo, specialmente nei testi divulgativi (ma "barano" anche in quelli scientifici). La Gordon, molto controcorrente in questo, sottolinea continuamente che sono ancora molte le cose che non sappiamo o che rischiamo di fraintendere e il brano che ho tradotto è un esempio pratico del concetto.

Insomma, non stiamo parlando di consumo di ossigeno o di velocità di trasporto delle foglie, ma di un metodo di lavoro.
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Re: Ant encounters di Deborah Gordon

Messaggioda feyd » 02/07/2012, 15:18

Guarda io studio nell'ambito scientifico e posso assicurarti che è un problema di eta, la brown è molto piu giovane dei respettivi maschili e questo porta ad un approccio differente.

Anche qualche anno fa venivano portati risultati fisici come fossero il verbo, e lo fanno tutt'ora, ma è prevalente negli scritti dei piu anziani :lol: c'è poco da fare se non saperlo ed avere a propria volta un approccio corretto.
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