Superiorità evolutiva ed alimentare vanno di pari passo?

Spesso ci si domanda quali siano le formiche più forti, quelle più efficienti. Quelle che sono vincenti, insomma.
Come ormai ben sanno gli osservatori più attenti, non c’è una sola risposta valida a queste domande; le formiche possono essere singolarmente letali usando veleni, mandibole possenti, pungiglioni o altre armi sofisticate, ma quello che vince è sempre il numero, anche se le armi chimiche hanno una parte determinante nel decidere i conflitti.
All’entrata del museo di Storia Naturale di Milano è impressa una frase di Darwin che sintetizza questo fatto: “Non sopravvive la specie più forte, o la più intelligente, ma quella che reagisce meglio ai cambiamenti”.
Vorrei soffermarmi allora su un fattore che molti sottovalutano nel determinare quale specie fra le formiche sia in grado di dominare un territorio e popolarlo a fondo, a dispetto di nemici spesso letali e combattivi, che sulla carta (e sul terreno) sono capaci di mettere sul campo eserciti più agguerriti, numerosi, eppure non sembrano essere in grado di sottrarre spazio vitale ai propri sfuggenti avversari.
Sto parlando delle Formicine, un Genere esteso che popola gli ambienti più disparati, dalle pianure alle montagne, e che forse solo nelle foreste tropicali non ha saputo inserirsi in maniera determinante.
Ma andiamo a vedere cosa succede nelle nostre regioni.
Le Formica sono raramente scelte dagli utenti per i propri allevamenti, sia perché forse sono meno facili da trovare di Lasius, Camponotus, o delle onnipresenti Myrmicine, sia perché non sembrano attrarre l’attenzione per capacità belliche, teste spropositate armate di mandibole feroci, o veleni dagli effetti particolarmente fantasiosi (dimenticando che sono tutte armate di acido formico).
Quattro anni di osservazioni in cattività su Formica cunicularia, più diversi anni sul campo con Formica rufa, mi hanno invece convinto che questo Genere, ma soprattutto il Gruppo delle Formica e Serviformica hanno numeri che giustificano la loro diffusione.
Ovunque io vada, giardini, campi, collina, montagna, pianura, dove si scorgono interminabili file di Lasius, Pheidole, Tetramorium, o Camponotus, o nei pressi di colonie mostruosamente estese di Tapinoma, scorgo sempre qualche rapida esploratrice di Serviformica.
I nidi di Serviformica non fanno nessuna impressione: un ponticello di terra smossa, a volte qualche fessura nel terreno, o sotto un sasso, con poche sentinelle, non sorprendono come le caldere in movimento di Tapinoma, o le interminabili fila di Lasius fuliginosus.
Come fanno queste formiche all’apparenza insignificanti a condividere il territorio con schiere che a prima vista sembrano maree incontrollabili di nemici? Sul tratto del Naviglio Grande che esce da Milano, per circa 3 km di aiuole, il terreno è tutto smosso da vulcani che eruttano Tapinoma. Si sa che questa formica tiene testa a Linepithema umile, eppure vedo sempre qualche Formica che trascina una preda sull’asfalto verso casa.
Come hanno sottratto il bottino a schiere che tappezzano ogni dove, collegando centinaia di nidi?
Osservare quello che succede dentro una di queste colonie è la chiave per capire che la capacità delle Serviformica non si basa sulla pura forza fisica, ma sulla possibilità di sfruttare un’ampia gamma di alimenti, e una prolificità che da una sola regina è sorprendente oltre la nostra prima impressione.
Poter accedere a un menù vario permette a Formica cunicularia di sfruttare un maggior numero di risorse, dove le altre formiche storcono… le antenne. Ho visto queste formiche raccogliere e portare al nido (e far sparire) briciole, biscotti, sementi, insetti, rifiuti da spazzatura, formaggio, patatine fritte (light), prosciutto, tonno, uova (sode e cucinate in altri modi), visitare gli afidi, la corolla dei fiori…
Forse solo Tetramorium e Pheidole pallidula le superano in fatto di “bocca buona”.
Inoltre sono insetti molto veloci. Sicuramente non hanno bisogno di scontrarsi con formiche meglio armate, se riescono ad arrivare prima sulla preda, e a trascinarla direttamente fuori portata del nemico, o a sfuggire facilmente agli attacchi.
Dove Pheidole deve difendere il bottino in attesa che venga smembrato, Formica lo trascina via con una grande forza per una formica tutto sommato esile.
Sarebbe interessante sapere come si comportano queste formiche in regioni infestate dalla formica argentina. Sono state cancellate? Confinate? Resistono timidamente senza farsi troppo notare?
Le capacità militari delle Serviformica sembrano commisurate al nome: non sono granché, anche se sono ottime cacciatrici di insetti, evitano lo scontro diretto con altre formiche, o battaglie campali.
Ma i loro nidi possono essere vulnerabili all’intrusione di nemici più piccoli e numerosi?
Qui dimentichiamo che l’acido formico in possesso delle nostre formiche ha pur sempre una efficacia notevole su altri insetti, e che dentro il nido resta inattivo quasi il 90% della colonia.
Ma qui “inattivo” è un termine inappropriato.
Serviformica ha sviluppato una cura della covata eccezionale, e i tempi di sviluppo sono molto rapidi per formiche così sottovalutate. Il fatto di accudire in gran numero all’alimentazione della covata permette a queste colonie di rifornire di sempre nuove reclute la guarnigione di foraggiatrici esterne.
Punto di forza è di un rapido passaggio da larva a bozzolo (6 giorni).
La mia colonia al momento ha una popolazione incalcolabile, che valuto d’alcune migliaia di formiche; in arena sono normalmente circa 100-200. Le stanze sotterranee sono in gran parte coperte da tappeti di larve costantemente alimentate, da cumuli di bozzoli, tanto che, benché io ne elimini parecchie al giorno, la popolazione continua a crescere.
E’ vero che questa colonia è ben protetta e ben alimentata, ma provate a pensare alle colonie selvatiche che subiscono costantemente aggressioni di formiche più forti e grandi, pensate solo alle incursioni di Polyergus nel loro territorio!
Una colonia Polyergus tenuta sotto osservazione per un mese ha compiuto qualcosa come 44 spedizioni, al 70% con successo. Vero che i nidi bersaglio possono essere diversi, ma le colonne di amazzoni contano spesso qualche migliaio di guerriere. Se le formiche-bersaglio non fossero straordinariamente capaci di rimpiazzare le perdite, le colonie si estinguerebbero in breve.
E qui veniamo ad un altro segnale importante: Polyergus e Formica sanguinea razziano soprattutto formiche di questo tipo. Sappiamo che le specie-bersaglio possono essere Formica fusca (poliginica), Formica clara, e F. cinerea (meno frequente, più aggressiva e capace di difendere il nido) o altre Serviformica.
Ho appena rifornito di bozzoli di Formica cunicularia la mia colonia di Polyergus che originariamente contava ausiliarie di una specie che sembra leggermente diversa, ma che non ho ancora identificato con certezza. Queste prime avevano un regime alimentare del tutto diverso dalle mie cunicularia, erano molto schizzinose. Appena schiusi i bozzoli, la varietà d’alimenti portata nel nido è cambiata radicalmente, le ausiliarie hanno intensificato la già notevole cura che circondava la covata, e le ancelle a diretto contatto con la regina sono raddoppiate. Le larve si sono sviluppate più rapidamente, forse frutto della cura più intensa e l’alimentazione diversificata.
Questo per quel che riguarda Formica cunicularia. Da un anno tengo sotto osservazione Formica sanguinea, e anche qui noto una notevole cura della covata, con apporto in percentuale maggiore di cibo animale. Sanguinea non sembra altrettanto versatile nello scegliere gli alimenti, ma le sue ausiliarie lo sono. Le capacità di caccia di sanguinea sono più marcate che nelle Serviformica; queste formiche attaccano immediatamente tutto quello che si muove, non indietreggiano di fronte a nulla, le ho viste inseguire operaie di Camponotus vagus e ingaggiarle nel corpo a corpo. E’ evidente che la sua dieta si avvicina più a quella di Formica rufa, popolando preferibilmente praterie e colline incolte, dove la varietà di cibo è limitata: melata/insetti.
Che questa formica soffra maggiormente i pesticidi dei campi e dei giardini è possibile, ma potrebbe trattarsi semplicemente di una scelta ambientale dovuta alla sua evoluzione, che sembra staccarsi direttamente dal ceppo del Gruppo rufa. Numerose sono infatti le similitudini alimentari, di comportamento (basta pensare che la fondazione avviene per entrambe necessariamente con l’apporto di ausiliarie) e morfologiche.
Osservando per circa un’ora un nido molto grande di questa specie, ho contato un numero incredibile di coleotteri, larve e altri insetti abbattuti, e trasportati a casa da queste formiche. Qui si trattava in parte anche di prede semplicemente raccolte. Ma tutti quelli che hanno modo di osservare la fondazione di F. sanguinea concordano che è aggressiva fin da subito, anche quando la colonia è ancora giovane e le operaie dovrebbero essere timide e schive.
Non dimentichiamo che in ambienti ben più selettivi (le montagne), a dominare sono le loro sorelle più famose della nostra fauna di Formicine: Formica rufa e le Coptoformica (F. exsecta, per esempio), formano colonie pressoché immortali, dominano il territorio con una rete fitta di autostrade e una alimentazione più selettiva in ragione di insetti, anche se una forte percentuale proviene per tutte le specie dalla raccolta di melata.
Sembrano racchiudere la quintessenza della Famiglia: prediligono climi freddi o temperati, sono molto adattabili, veloci e prolifiche.
Sarebbe interessante raccogliere dati e informazioni anche da chi si appresta a studiare Formica clara, rufibarbis, fusca e gagates, per vedere quali e quante similitudini alimentari e di comportamento si possono riscontrare fra queste specie, ma soprattutto di indole.
Lasciamo perdere il Gruppo rufa e le exsecta, che non possono essere osservate a fondo in cattività, perché appena le colonie assumono la loro connotazione naturale diventano ingestibili, per ovvi motivi. Ma tutte le altre specie potrebbero riservarci molte sorprese, perché dopotutto queste formiche sono state ingiustamente ignorate per lungo tempo eppure dimostrano una efficienza e una capacità di sopravvivenza in ambiente ostile, che non possono essere solo un caso fortuito.
Invito quindi tutti quelli che hanno la possibilità di osservare la crescita di una colonia di queste formiche, a registrare accuratamente tipo di alimentazione (la mia potrebbe essere solo una colonia anomala, con gusti poco raffinati!), tempi di crescita e comportamenti vari.
E’ necessario saperne di più!
Come ormai ben sanno gli osservatori più attenti, non c’è una sola risposta valida a queste domande; le formiche possono essere singolarmente letali usando veleni, mandibole possenti, pungiglioni o altre armi sofisticate, ma quello che vince è sempre il numero, anche se le armi chimiche hanno una parte determinante nel decidere i conflitti.
All’entrata del museo di Storia Naturale di Milano è impressa una frase di Darwin che sintetizza questo fatto: “Non sopravvive la specie più forte, o la più intelligente, ma quella che reagisce meglio ai cambiamenti”.
Vorrei soffermarmi allora su un fattore che molti sottovalutano nel determinare quale specie fra le formiche sia in grado di dominare un territorio e popolarlo a fondo, a dispetto di nemici spesso letali e combattivi, che sulla carta (e sul terreno) sono capaci di mettere sul campo eserciti più agguerriti, numerosi, eppure non sembrano essere in grado di sottrarre spazio vitale ai propri sfuggenti avversari.
Sto parlando delle Formicine, un Genere esteso che popola gli ambienti più disparati, dalle pianure alle montagne, e che forse solo nelle foreste tropicali non ha saputo inserirsi in maniera determinante.
Ma andiamo a vedere cosa succede nelle nostre regioni.
Le Formica sono raramente scelte dagli utenti per i propri allevamenti, sia perché forse sono meno facili da trovare di Lasius, Camponotus, o delle onnipresenti Myrmicine, sia perché non sembrano attrarre l’attenzione per capacità belliche, teste spropositate armate di mandibole feroci, o veleni dagli effetti particolarmente fantasiosi (dimenticando che sono tutte armate di acido formico).
Quattro anni di osservazioni in cattività su Formica cunicularia, più diversi anni sul campo con Formica rufa, mi hanno invece convinto che questo Genere, ma soprattutto il Gruppo delle Formica e Serviformica hanno numeri che giustificano la loro diffusione.
Ovunque io vada, giardini, campi, collina, montagna, pianura, dove si scorgono interminabili file di Lasius, Pheidole, Tetramorium, o Camponotus, o nei pressi di colonie mostruosamente estese di Tapinoma, scorgo sempre qualche rapida esploratrice di Serviformica.
I nidi di Serviformica non fanno nessuna impressione: un ponticello di terra smossa, a volte qualche fessura nel terreno, o sotto un sasso, con poche sentinelle, non sorprendono come le caldere in movimento di Tapinoma, o le interminabili fila di Lasius fuliginosus.
Come fanno queste formiche all’apparenza insignificanti a condividere il territorio con schiere che a prima vista sembrano maree incontrollabili di nemici? Sul tratto del Naviglio Grande che esce da Milano, per circa 3 km di aiuole, il terreno è tutto smosso da vulcani che eruttano Tapinoma. Si sa che questa formica tiene testa a Linepithema umile, eppure vedo sempre qualche Formica che trascina una preda sull’asfalto verso casa.
Come hanno sottratto il bottino a schiere che tappezzano ogni dove, collegando centinaia di nidi?
Osservare quello che succede dentro una di queste colonie è la chiave per capire che la capacità delle Serviformica non si basa sulla pura forza fisica, ma sulla possibilità di sfruttare un’ampia gamma di alimenti, e una prolificità che da una sola regina è sorprendente oltre la nostra prima impressione.
Poter accedere a un menù vario permette a Formica cunicularia di sfruttare un maggior numero di risorse, dove le altre formiche storcono… le antenne. Ho visto queste formiche raccogliere e portare al nido (e far sparire) briciole, biscotti, sementi, insetti, rifiuti da spazzatura, formaggio, patatine fritte (light), prosciutto, tonno, uova (sode e cucinate in altri modi), visitare gli afidi, la corolla dei fiori…
Forse solo Tetramorium e Pheidole pallidula le superano in fatto di “bocca buona”.
Inoltre sono insetti molto veloci. Sicuramente non hanno bisogno di scontrarsi con formiche meglio armate, se riescono ad arrivare prima sulla preda, e a trascinarla direttamente fuori portata del nemico, o a sfuggire facilmente agli attacchi.
Dove Pheidole deve difendere il bottino in attesa che venga smembrato, Formica lo trascina via con una grande forza per una formica tutto sommato esile.
Sarebbe interessante sapere come si comportano queste formiche in regioni infestate dalla formica argentina. Sono state cancellate? Confinate? Resistono timidamente senza farsi troppo notare?
Le capacità militari delle Serviformica sembrano commisurate al nome: non sono granché, anche se sono ottime cacciatrici di insetti, evitano lo scontro diretto con altre formiche, o battaglie campali.
Ma i loro nidi possono essere vulnerabili all’intrusione di nemici più piccoli e numerosi?
Qui dimentichiamo che l’acido formico in possesso delle nostre formiche ha pur sempre una efficacia notevole su altri insetti, e che dentro il nido resta inattivo quasi il 90% della colonia.
Ma qui “inattivo” è un termine inappropriato.
Serviformica ha sviluppato una cura della covata eccezionale, e i tempi di sviluppo sono molto rapidi per formiche così sottovalutate. Il fatto di accudire in gran numero all’alimentazione della covata permette a queste colonie di rifornire di sempre nuove reclute la guarnigione di foraggiatrici esterne.
Punto di forza è di un rapido passaggio da larva a bozzolo (6 giorni).
La mia colonia al momento ha una popolazione incalcolabile, che valuto d’alcune migliaia di formiche; in arena sono normalmente circa 100-200. Le stanze sotterranee sono in gran parte coperte da tappeti di larve costantemente alimentate, da cumuli di bozzoli, tanto che, benché io ne elimini parecchie al giorno, la popolazione continua a crescere.
E’ vero che questa colonia è ben protetta e ben alimentata, ma provate a pensare alle colonie selvatiche che subiscono costantemente aggressioni di formiche più forti e grandi, pensate solo alle incursioni di Polyergus nel loro territorio!
Una colonia Polyergus tenuta sotto osservazione per un mese ha compiuto qualcosa come 44 spedizioni, al 70% con successo. Vero che i nidi bersaglio possono essere diversi, ma le colonne di amazzoni contano spesso qualche migliaio di guerriere. Se le formiche-bersaglio non fossero straordinariamente capaci di rimpiazzare le perdite, le colonie si estinguerebbero in breve.
E qui veniamo ad un altro segnale importante: Polyergus e Formica sanguinea razziano soprattutto formiche di questo tipo. Sappiamo che le specie-bersaglio possono essere Formica fusca (poliginica), Formica clara, e F. cinerea (meno frequente, più aggressiva e capace di difendere il nido) o altre Serviformica.
Ho appena rifornito di bozzoli di Formica cunicularia la mia colonia di Polyergus che originariamente contava ausiliarie di una specie che sembra leggermente diversa, ma che non ho ancora identificato con certezza. Queste prime avevano un regime alimentare del tutto diverso dalle mie cunicularia, erano molto schizzinose. Appena schiusi i bozzoli, la varietà d’alimenti portata nel nido è cambiata radicalmente, le ausiliarie hanno intensificato la già notevole cura che circondava la covata, e le ancelle a diretto contatto con la regina sono raddoppiate. Le larve si sono sviluppate più rapidamente, forse frutto della cura più intensa e l’alimentazione diversificata.
Questo per quel che riguarda Formica cunicularia. Da un anno tengo sotto osservazione Formica sanguinea, e anche qui noto una notevole cura della covata, con apporto in percentuale maggiore di cibo animale. Sanguinea non sembra altrettanto versatile nello scegliere gli alimenti, ma le sue ausiliarie lo sono. Le capacità di caccia di sanguinea sono più marcate che nelle Serviformica; queste formiche attaccano immediatamente tutto quello che si muove, non indietreggiano di fronte a nulla, le ho viste inseguire operaie di Camponotus vagus e ingaggiarle nel corpo a corpo. E’ evidente che la sua dieta si avvicina più a quella di Formica rufa, popolando preferibilmente praterie e colline incolte, dove la varietà di cibo è limitata: melata/insetti.
Che questa formica soffra maggiormente i pesticidi dei campi e dei giardini è possibile, ma potrebbe trattarsi semplicemente di una scelta ambientale dovuta alla sua evoluzione, che sembra staccarsi direttamente dal ceppo del Gruppo rufa. Numerose sono infatti le similitudini alimentari, di comportamento (basta pensare che la fondazione avviene per entrambe necessariamente con l’apporto di ausiliarie) e morfologiche.
Osservando per circa un’ora un nido molto grande di questa specie, ho contato un numero incredibile di coleotteri, larve e altri insetti abbattuti, e trasportati a casa da queste formiche. Qui si trattava in parte anche di prede semplicemente raccolte. Ma tutti quelli che hanno modo di osservare la fondazione di F. sanguinea concordano che è aggressiva fin da subito, anche quando la colonia è ancora giovane e le operaie dovrebbero essere timide e schive.
Non dimentichiamo che in ambienti ben più selettivi (le montagne), a dominare sono le loro sorelle più famose della nostra fauna di Formicine: Formica rufa e le Coptoformica (F. exsecta, per esempio), formano colonie pressoché immortali, dominano il territorio con una rete fitta di autostrade e una alimentazione più selettiva in ragione di insetti, anche se una forte percentuale proviene per tutte le specie dalla raccolta di melata.
Sembrano racchiudere la quintessenza della Famiglia: prediligono climi freddi o temperati, sono molto adattabili, veloci e prolifiche.
Sarebbe interessante raccogliere dati e informazioni anche da chi si appresta a studiare Formica clara, rufibarbis, fusca e gagates, per vedere quali e quante similitudini alimentari e di comportamento si possono riscontrare fra queste specie, ma soprattutto di indole.
Lasciamo perdere il Gruppo rufa e le exsecta, che non possono essere osservate a fondo in cattività, perché appena le colonie assumono la loro connotazione naturale diventano ingestibili, per ovvi motivi. Ma tutte le altre specie potrebbero riservarci molte sorprese, perché dopotutto queste formiche sono state ingiustamente ignorate per lungo tempo eppure dimostrano una efficienza e una capacità di sopravvivenza in ambiente ostile, che non possono essere solo un caso fortuito.
Invito quindi tutti quelli che hanno la possibilità di osservare la crescita di una colonia di queste formiche, a registrare accuratamente tipo di alimentazione (la mia potrebbe essere solo una colonia anomala, con gusti poco raffinati!), tempi di crescita e comportamenti vari.
E’ necessario saperne di più!