Fotografia UV, alcuni sguardi sulla visione degli insetti
5 messaggi
• Pagina 1 di 1
Fotografia UV, alcuni sguardi sulla visione degli insetti
Ciao,
è parecchio tempo che non scrivo ma tra gli impegni lavorativi e il resto ho avuto sempre meno tempo da dedicare alle mie passioni, non mantengo più formiche, a causa dei continui viaggi per lavoro non riuscivo più a gestirle. In questi giorni con l'arrivo della bella stagione, ho avuto modo di riavvicinarmi al mondo degli imenotteri, per vie traverse...
Infatti da quando c'è la pandemia sono riuscito a ritagliarmi un po' di tempo per sperimentazioni in elettronica e nei periodi in casa ho piano piano acquisito parecchia esperienza disassemblando svariate fotocamere (modelli di compatte le cui caratteristiche conoscevo già bene anni fa, quando scrivevo le guide macro qua), ho avuto anche il tempo per informarmi su vetri tecnici e filtri particolari, perciò sono riuscito in una tecnica che da anni cercavo di ottenere in quanto piuttosto ardua: la fotografia in riflettanza UV.
Cerco di tenere il discorso breve dal punto di vista tecnico perché ci sono parecchie sfaccettature, comunque per riassumere, la tecnica fotografica di cui voglio parlarvi, mira a registrare soltanto una parte specifica e molto stretta dello spettro elettromagnetico: l'ultravioletto da 100 a 400 nm e assolutamente niente altro, niente visibile e niente infrarosso (capirete più avanti il perché di questa precisazione).
L'ultravioletto è una parte di spettro che viene suddivisa in tre bande: da 100 a 280 nm (UVc), da 280 a 315 nm (UVb) e da 315 a 400 nm (UVa).
Lo spettro visibile da 400 a 750 nm è quello che i nostri occhi riescono a vedere e per cui abbiamo la sensibilità tricromica (nella maggior parte degli umani), che ci permette di catalogare i fotoni con diverse lunghezze d'onda in quelli che percepiamo come colori. Si tratta di un argomento affascinante ma un po' complesso, per riassumere in breve, l'umano tipico ha tre recettori per i colori (detti coni), assieme ad altri recettori aspecifici (detti bastoncelli) e a seconda di quanto sono stimolati distinguiamo diversamente le lunghezze d'onda nello spettro visibile: c'è un recettore sensibile alle lunghezze d'onda attorno a 437 nm (cono S), uno sensibile attorno a 533 nm (cono M) e uno attorno a 564 nm (cono L), è un modo apparentemente semplice ma al contempo molto articolato da compredere (se avete mai sentito parlare di visione scotopica, spazio colore, colori immaginari è possibile che vi sia venuto il mal di testa), che abbiamo evoluto per percepire e distinguere gli stimoli dei fotoni aventi lunghezza d'onda fra 400 e 750 nm che classicamente cataloghiamo (arbitrariamente) in violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancione, rosso.
L'infrarosso, come dice il nome è la porzione di spettro che prosegue dalla parte opposta all'UV e molto più ampia delle due precedenti: va da 0,75 µm (dove finisce il visibile) a 1000 µm, essendo così ampio lo si suddivide in bande, di cui la più interessante per la fotografia è quella più vicina al rosso cioè da 0,75 a 1,4 µm che è il cosidetto vicino infrarosso (nIR).
Apro una parentesi tecnica sui dispositivi, il motivo per cui mi sto limitando a parlare di queste parti dello spettro elettromagnetico è presto spiegato: i sensori ormai comunissimi in tutti i dispositivi, quelli che sono nelle fotocamere dei vostri cellulari, videocamere e ormai pure sulle automobili sono comunemente basati sul silicio. Senza fare un corso di fisica dei semiconduttori, basti però sapere che un sensore basato sul silicio (se ne possono fare anche basati su altri semiconduttori ma non sono comuni), ha potenzialmente la capacità di registrare fotoni (luce per i meno avvezzi) con lunghezze d'onda nello spettro elettromagnetico da circa 1000-1100 nm (nIR) fino a scendere a 220-280 nm (UVc). Ora dovrebbe cominciare a chiarirsi perché negli ultimi 15 anni si può parlare di fotografia infrarossa e fotografia ultravioletta, anche per comuni fotografi amatoriali e non solo per documentaristi con ben altre risorse e mezzi: i sensori delle vostre fotocamere sono sensibili ben oltre il consueto spettro visibile a cui siete abituati!
Nello specifico i sensori delle comuni fotocamere sono più o meno sensibili sull'intervallo appena citato per ragioni tecnologiche legate al dispositivo: generalmente la risposta spettrale del sensore raggiunge un massimo attorno a 600-800 nm e cala via via agli estremi, ovviamente per una buona rappresentazione dei colori sul sensore vengono posti dei filtri per limitare la sensibilità del sensore fuori dalla porzione di spettro visibile, altrimenti la fotocamera farebbe delle foto inaccurate sia per resa dei colori che per altre ragioni ottiche (eventualmente se siete curiosi se ne può parlare dopo). Ricordiamo che il sensore ha i singoli fotodiodi idealmente sensibili su tutto lo spettro descritto finora, ma questi vengono resi selettivi ai tre colori della matrice di Bayer (i cosiddetti subpixel), per mimare la medesima risposta in tricromia umana; oltre a questi filtri ce ne sono altri che assorbono infrarosso e ultravioletto. Ovviamente chi vuole fare fotografia infrarossa o ultravioletta va a cambiare come viene filtrato il sensore e il sistema ottico nel complesso; il sistema ottico (di norma tutto ciò che è posto davanti al sensore) nello specifico diventa molto importante sopratutto per la fotografia ultravioletta, in quanto i vetri possono in parte assorbire in UV a seconda delle formulazioni.
Nel caso della fotografia infrarossa (nIR per essere precisi) si riescono ad ottenere buoni risultati abbastanza facilmente, perché come accennavo i sensori mediamente sono molto sensibili già al confine fra rosso e infrarosso, per cui nelle compatte meno recenti già usando un filtro selettivo (filtri infrarosso passa basso) per assorbire lo spettro visibile e senza altre modifiche, si riesce con esposizioni lunghe a fare scatti in luce infrarossa; se si modificano i filtri sul sensore ovviamente si riesce ancora più agevolmente a fotografare, anche usando esposizioni analoghe a quelle normali (tempi di scatto brevi).
Scatto effettuato in infrarosso (stesso momento e scena della successiva): la vegetazione diffonde e riflette nella banda nIR e appare in questa foto rossastra, altra caratteristica peculiare è la minore diffusione atmosferica che consente di vedere il cielo più scuro e più chiaramente in distanza senza foschia (rispetto al visibile).
Nel caso della fotografia ultravioletta (in riflettanza, perché esiste anche la possibilità di fare fotografia in fluorescenza che è una tecnica parecchio diversa), ci sono una serie di difficoltà maggiori:
Scatto effettuato in ultravioletto (stesso momento e scena della precedente): la vegetazione assorbe o riemette per fluorescenza nella banda UVa e appare in questa foto nerastra, altra caratteristica peculiare è la maggiore diffusione atmosferica che rende il cielo più luminoso e confonde la visione in distanza come se ci fosse più foschia (rispetto al visibile).
A questo punto dopo avere riassunto queste tecniche di fotografia multi-spettrale, sicuramente qualcuno si starà chiedendo, ma per quale diavolo di ragione dovrei faticare tanto per la fotografia ultravioletta e, sopratutto, perché mai si scrive di fotografia ultravioletta qui su questo forum.
La ragione è presto detta, i primati come l'uomo hanno sviluppato la visione in tricromia nel cosiddetto spettro visibile (a chi? domanda retorica), altri animali non necessariamente. Ad esempio, ci sono studi scientifici sul fatto che anche restando tra i mammiferi, le cose cambino parecchio: gli ungulati per esempio non percepiscono quello che noi chiamiamo rosso (il famoso toro della corrida il realtà vede il mantello scuro) cioé la loro percezione finisce già verso 600 nm, d'altra parte sono più sensibili di noi all'estremità opposta dello spettro. Ci sono studi sul fatto che gli uccelli abbiano la visione in tetracromia, cioé hanno quattro recettori sensibili attorno alle seguenti lunghezze d'onda: 370, 445, 508, 565 nm; perciò escludendo gli ultimi tre che danno una percezione per blu, verde, rosso simile alla nostra, riescono a distinguere anche tonalità nell'ultravioletto. Infine, se guardiamo agli imenotteri (senza contrare la struttura dell'occhio molto diversa, in generale ci sarebbero capitoli interi per discutere delle diverse scelte evolutive per la visione fra gli artropodi), studi fatti sull'ape mellifera individuano una tricromia con recettori sensibili attorno le seguenti lunghezze d'onda: 344, 436, 556 nm, quindi con ancora maggiore rilevanza nel distinguere le tonalità nella banda UVa. Discorso che viene esteso alla maggior parte degli insetti impollinatori come i lepidotteri, ma anche ovviamente fra gli imenotteri alle formiche.
Specifico la banda UVa perché andrebbe aperta una digressione di astrofisica, per cui è ragionevole supporre che essendo le bande più energetiche UVb e UVc (questi ultimi provocano danni al DNA) filtrate maggiormente dall'atmosfera e nello specifico dallo strato di ozono, è improbabile che organismi biologici abbiano sviluppato recettori sensibili in tali parti dello spettro elettromagnetico che dal sole non riescono a raggiungere la biosfera.
Adesso dopo tutta questa lunga introduzione ecco qualche esempio pratico di fotografia in riflettanza UV, che può dare un idea di cosa appare ad un'imenottero. Le foto che vi propongo sono state fatte settimana scorsa sul campo in pieno sole ma con esposizioni molto al limite (tempi di scatto non velocissimi e sensibilità iso elevata) a causa dei filtri appositi (come detto è molto importante eliminare il più possibile contaminazioni minime di visibile e infrarosso data la bassa sensibilità del sensore in UV), oppure primavera ed estate scorsa in studio con illuminazione controllata usando torce monocromatiche a 365 nm, treppiedi, tempi di scatto lunghi (e quindi sensibilità iso più bassa).
Lo sviluppo fatto sui negativi digitali cerca, quando possibile di riproporre colori familiari, considerate ovviamente che le immagini sono in falsi colori, che dipendono da come viene registrata la radiazione UV a valle della matrice di Bayer. Quindi si potrebbero anche rappresentare come immagini monocromatiche in banda UVa, ma preferisco dare appunto una parvenza di familiarità, tenete presente che come detto la percezione degli imenotteri è in tricromia UV, B, G quindi si potrebbero anche prendere tre immagini con altrettanti filtri passa banda e ricostruire un'immagine più complessa di queste, ma richiederebbe più tempo e fare molta più attenzione a non avere movimenti durante la procedura (semplicemente per ragioni di praticità non ho ancora sperimentato una cosa di questo tipo).
Apis mellifera su fioritura di Prunus avium
Apis mellifera su fioritura di Taraxacum officinale
Apis mellifera in movimento su fioritura di Taraxacum officinale
Fiore di Helleborus x ericsmithii cultivar “Anna’s Red”
Fiore di Phalaenopsis x spp. cultivar "Taida lime"
Fiore di Bellis perennis
Fiore di Sedum palmeri
Fiore di Taraxacum officinale
Fiore di Ranunculus acris
Fiore di Taraxacum officinale in studio
Fiore di Ranunculus ficaria in studio
Fiore maturo di Helianthus annus in studio
Le specie botaniche sono tutte comuni e come si vede nella maggior parte dei casi hanno chiaramente sviluppato segnalazioni visive per gli insetti impollinatori (disegno a occhio di bue), generalmente venature, stami e pistilli o comunque le parti centrali del fiore risultano molto più scuri dei petali soprattutto nelle parti distali, tenete presente che la vegetazione (erba, foglie, piante) appare generalmente scura in banda UVa perciò i bordi delle corolle chiari formano dei chiari indicatori verso le zone in cui si trova il nettare.
Visibile di Helianthus annus
Riflettanza a 365 nm (passa banda UVa) di Helianthus annus
Fluorescenza da 365 nm (passa banda visibile) di Helianthus annus
Lascio anche un confronto fatto ovviamente in studio su uno stesso soggetto di come appare in fotografia visibile, fotografia di riflettanza UV, fotografia di fluorescenza UV. La fluorescenza è un processo di riemissione di un fotone ad energia inferiore a seguito di un assorbimento di un fotone ad energia superiore, quindi detto in altri termini i pigmenti flourescenti convertono l'energia assorbita dalla radiazione UV emettendo radiazione visibile a diverse lunghezze d'onda (caratteristiche dei pigmenti) nel blu e nel verde. Nello specifico si può osservare che le parti che mostrano il maggiore assorbimento in riflettanza riemettono nel visibile: è un comune meccanismo in natura per dissipare l'energia solare che altrimenti se fosse interamente assorbita potrebbe causare danni (si veda analogo meccanismo di protezione dagli UV negli scorpioni). Ovviamente la fotografia in fluorescenza è più facile da ottenere e può essere anche fatta con una comune fotocamera non modificata (usando ovviamente una sorgente UV e un filtro per eliminare il contributo UV) dato che è una fotografia in visibile, talvolta si può anche registrare fluorescenza da UV a IR, anche in quel servirebbe una fotocamera modificata.
Spero queste piccoli sguardi possano dare una chiave di comprensione e aprire un dibattito sulla percezione visiva degli insetti e delle formiche.
è parecchio tempo che non scrivo ma tra gli impegni lavorativi e il resto ho avuto sempre meno tempo da dedicare alle mie passioni, non mantengo più formiche, a causa dei continui viaggi per lavoro non riuscivo più a gestirle. In questi giorni con l'arrivo della bella stagione, ho avuto modo di riavvicinarmi al mondo degli imenotteri, per vie traverse...
Infatti da quando c'è la pandemia sono riuscito a ritagliarmi un po' di tempo per sperimentazioni in elettronica e nei periodi in casa ho piano piano acquisito parecchia esperienza disassemblando svariate fotocamere (modelli di compatte le cui caratteristiche conoscevo già bene anni fa, quando scrivevo le guide macro qua), ho avuto anche il tempo per informarmi su vetri tecnici e filtri particolari, perciò sono riuscito in una tecnica che da anni cercavo di ottenere in quanto piuttosto ardua: la fotografia in riflettanza UV.
Cerco di tenere il discorso breve dal punto di vista tecnico perché ci sono parecchie sfaccettature, comunque per riassumere, la tecnica fotografica di cui voglio parlarvi, mira a registrare soltanto una parte specifica e molto stretta dello spettro elettromagnetico: l'ultravioletto da 100 a 400 nm e assolutamente niente altro, niente visibile e niente infrarosso (capirete più avanti il perché di questa precisazione).
L'ultravioletto è una parte di spettro che viene suddivisa in tre bande: da 100 a 280 nm (UVc), da 280 a 315 nm (UVb) e da 315 a 400 nm (UVa).
Lo spettro visibile da 400 a 750 nm è quello che i nostri occhi riescono a vedere e per cui abbiamo la sensibilità tricromica (nella maggior parte degli umani), che ci permette di catalogare i fotoni con diverse lunghezze d'onda in quelli che percepiamo come colori. Si tratta di un argomento affascinante ma un po' complesso, per riassumere in breve, l'umano tipico ha tre recettori per i colori (detti coni), assieme ad altri recettori aspecifici (detti bastoncelli) e a seconda di quanto sono stimolati distinguiamo diversamente le lunghezze d'onda nello spettro visibile: c'è un recettore sensibile alle lunghezze d'onda attorno a 437 nm (cono S), uno sensibile attorno a 533 nm (cono M) e uno attorno a 564 nm (cono L), è un modo apparentemente semplice ma al contempo molto articolato da compredere (se avete mai sentito parlare di visione scotopica, spazio colore, colori immaginari è possibile che vi sia venuto il mal di testa), che abbiamo evoluto per percepire e distinguere gli stimoli dei fotoni aventi lunghezza d'onda fra 400 e 750 nm che classicamente cataloghiamo (arbitrariamente) in violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancione, rosso.
L'infrarosso, come dice il nome è la porzione di spettro che prosegue dalla parte opposta all'UV e molto più ampia delle due precedenti: va da 0,75 µm (dove finisce il visibile) a 1000 µm, essendo così ampio lo si suddivide in bande, di cui la più interessante per la fotografia è quella più vicina al rosso cioè da 0,75 a 1,4 µm che è il cosidetto vicino infrarosso (nIR).
Apro una parentesi tecnica sui dispositivi, il motivo per cui mi sto limitando a parlare di queste parti dello spettro elettromagnetico è presto spiegato: i sensori ormai comunissimi in tutti i dispositivi, quelli che sono nelle fotocamere dei vostri cellulari, videocamere e ormai pure sulle automobili sono comunemente basati sul silicio. Senza fare un corso di fisica dei semiconduttori, basti però sapere che un sensore basato sul silicio (se ne possono fare anche basati su altri semiconduttori ma non sono comuni), ha potenzialmente la capacità di registrare fotoni (luce per i meno avvezzi) con lunghezze d'onda nello spettro elettromagnetico da circa 1000-1100 nm (nIR) fino a scendere a 220-280 nm (UVc). Ora dovrebbe cominciare a chiarirsi perché negli ultimi 15 anni si può parlare di fotografia infrarossa e fotografia ultravioletta, anche per comuni fotografi amatoriali e non solo per documentaristi con ben altre risorse e mezzi: i sensori delle vostre fotocamere sono sensibili ben oltre il consueto spettro visibile a cui siete abituati!
Nello specifico i sensori delle comuni fotocamere sono più o meno sensibili sull'intervallo appena citato per ragioni tecnologiche legate al dispositivo: generalmente la risposta spettrale del sensore raggiunge un massimo attorno a 600-800 nm e cala via via agli estremi, ovviamente per una buona rappresentazione dei colori sul sensore vengono posti dei filtri per limitare la sensibilità del sensore fuori dalla porzione di spettro visibile, altrimenti la fotocamera farebbe delle foto inaccurate sia per resa dei colori che per altre ragioni ottiche (eventualmente se siete curiosi se ne può parlare dopo). Ricordiamo che il sensore ha i singoli fotodiodi idealmente sensibili su tutto lo spettro descritto finora, ma questi vengono resi selettivi ai tre colori della matrice di Bayer (i cosiddetti subpixel), per mimare la medesima risposta in tricromia umana; oltre a questi filtri ce ne sono altri che assorbono infrarosso e ultravioletto. Ovviamente chi vuole fare fotografia infrarossa o ultravioletta va a cambiare come viene filtrato il sensore e il sistema ottico nel complesso; il sistema ottico (di norma tutto ciò che è posto davanti al sensore) nello specifico diventa molto importante sopratutto per la fotografia ultravioletta, in quanto i vetri possono in parte assorbire in UV a seconda delle formulazioni.
Nel caso della fotografia infrarossa (nIR per essere precisi) si riescono ad ottenere buoni risultati abbastanza facilmente, perché come accennavo i sensori mediamente sono molto sensibili già al confine fra rosso e infrarosso, per cui nelle compatte meno recenti già usando un filtro selettivo (filtri infrarosso passa basso) per assorbire lo spettro visibile e senza altre modifiche, si riesce con esposizioni lunghe a fare scatti in luce infrarossa; se si modificano i filtri sul sensore ovviamente si riesce ancora più agevolmente a fotografare, anche usando esposizioni analoghe a quelle normali (tempi di scatto brevi).
Scatto effettuato in infrarosso (stesso momento e scena della successiva): la vegetazione diffonde e riflette nella banda nIR e appare in questa foto rossastra, altra caratteristica peculiare è la minore diffusione atmosferica che consente di vedere il cielo più scuro e più chiaramente in distanza senza foschia (rispetto al visibile).
Nel caso della fotografia ultravioletta (in riflettanza, perché esiste anche la possibilità di fare fotografia in fluorescenza che è una tecnica parecchio diversa), ci sono una serie di difficoltà maggiori:
- la sensibilità del sensore è minima e cala in fretta andando alle lunghezze d'onda inferiori (da UVa a UVc),
- come già anticipato molti vetri assorbono parzialmente in UV quindi va posta attenzione anche all'obiettivo davanti al sensore,
- la luce ultravioletta può creare il fenomeno della fluorescenza cioè riemissione a lunghezze d'onda maggiori, questo unito al fatto che il sensore è molto più sensibile a lunghezze d'onda maggiori, richiede di filtrare in misura molto maggiore le parti di spettro visibile e infrarosso, in maniera da evitare che sovrastino completamente la risposta che si vuole registrare in UV.
Scatto effettuato in ultravioletto (stesso momento e scena della precedente): la vegetazione assorbe o riemette per fluorescenza nella banda UVa e appare in questa foto nerastra, altra caratteristica peculiare è la maggiore diffusione atmosferica che rende il cielo più luminoso e confonde la visione in distanza come se ci fosse più foschia (rispetto al visibile).
A questo punto dopo avere riassunto queste tecniche di fotografia multi-spettrale, sicuramente qualcuno si starà chiedendo, ma per quale diavolo di ragione dovrei faticare tanto per la fotografia ultravioletta e, sopratutto, perché mai si scrive di fotografia ultravioletta qui su questo forum.
La ragione è presto detta, i primati come l'uomo hanno sviluppato la visione in tricromia nel cosiddetto spettro visibile (a chi? domanda retorica), altri animali non necessariamente. Ad esempio, ci sono studi scientifici sul fatto che anche restando tra i mammiferi, le cose cambino parecchio: gli ungulati per esempio non percepiscono quello che noi chiamiamo rosso (il famoso toro della corrida il realtà vede il mantello scuro) cioé la loro percezione finisce già verso 600 nm, d'altra parte sono più sensibili di noi all'estremità opposta dello spettro. Ci sono studi sul fatto che gli uccelli abbiano la visione in tetracromia, cioé hanno quattro recettori sensibili attorno alle seguenti lunghezze d'onda: 370, 445, 508, 565 nm; perciò escludendo gli ultimi tre che danno una percezione per blu, verde, rosso simile alla nostra, riescono a distinguere anche tonalità nell'ultravioletto. Infine, se guardiamo agli imenotteri (senza contrare la struttura dell'occhio molto diversa, in generale ci sarebbero capitoli interi per discutere delle diverse scelte evolutive per la visione fra gli artropodi), studi fatti sull'ape mellifera individuano una tricromia con recettori sensibili attorno le seguenti lunghezze d'onda: 344, 436, 556 nm, quindi con ancora maggiore rilevanza nel distinguere le tonalità nella banda UVa. Discorso che viene esteso alla maggior parte degli insetti impollinatori come i lepidotteri, ma anche ovviamente fra gli imenotteri alle formiche.
Specifico la banda UVa perché andrebbe aperta una digressione di astrofisica, per cui è ragionevole supporre che essendo le bande più energetiche UVb e UVc (questi ultimi provocano danni al DNA) filtrate maggiormente dall'atmosfera e nello specifico dallo strato di ozono, è improbabile che organismi biologici abbiano sviluppato recettori sensibili in tali parti dello spettro elettromagnetico che dal sole non riescono a raggiungere la biosfera.
Adesso dopo tutta questa lunga introduzione ecco qualche esempio pratico di fotografia in riflettanza UV, che può dare un idea di cosa appare ad un'imenottero. Le foto che vi propongo sono state fatte settimana scorsa sul campo in pieno sole ma con esposizioni molto al limite (tempi di scatto non velocissimi e sensibilità iso elevata) a causa dei filtri appositi (come detto è molto importante eliminare il più possibile contaminazioni minime di visibile e infrarosso data la bassa sensibilità del sensore in UV), oppure primavera ed estate scorsa in studio con illuminazione controllata usando torce monocromatiche a 365 nm, treppiedi, tempi di scatto lunghi (e quindi sensibilità iso più bassa).
Lo sviluppo fatto sui negativi digitali cerca, quando possibile di riproporre colori familiari, considerate ovviamente che le immagini sono in falsi colori, che dipendono da come viene registrata la radiazione UV a valle della matrice di Bayer. Quindi si potrebbero anche rappresentare come immagini monocromatiche in banda UVa, ma preferisco dare appunto una parvenza di familiarità, tenete presente che come detto la percezione degli imenotteri è in tricromia UV, B, G quindi si potrebbero anche prendere tre immagini con altrettanti filtri passa banda e ricostruire un'immagine più complessa di queste, ma richiederebbe più tempo e fare molta più attenzione a non avere movimenti durante la procedura (semplicemente per ragioni di praticità non ho ancora sperimentato una cosa di questo tipo).
Apis mellifera su fioritura di Prunus avium
Apis mellifera su fioritura di Taraxacum officinale
Apis mellifera in movimento su fioritura di Taraxacum officinale
Fiore di Helleborus x ericsmithii cultivar “Anna’s Red”
Fiore di Phalaenopsis x spp. cultivar "Taida lime"
Fiore di Bellis perennis
Fiore di Sedum palmeri
Fiore di Taraxacum officinale
Fiore di Ranunculus acris
Fiore di Taraxacum officinale in studio
Fiore di Ranunculus ficaria in studio
Fiore maturo di Helianthus annus in studio
Le specie botaniche sono tutte comuni e come si vede nella maggior parte dei casi hanno chiaramente sviluppato segnalazioni visive per gli insetti impollinatori (disegno a occhio di bue), generalmente venature, stami e pistilli o comunque le parti centrali del fiore risultano molto più scuri dei petali soprattutto nelle parti distali, tenete presente che la vegetazione (erba, foglie, piante) appare generalmente scura in banda UVa perciò i bordi delle corolle chiari formano dei chiari indicatori verso le zone in cui si trova il nettare.
Visibile di Helianthus annus
Riflettanza a 365 nm (passa banda UVa) di Helianthus annus
Fluorescenza da 365 nm (passa banda visibile) di Helianthus annus
Lascio anche un confronto fatto ovviamente in studio su uno stesso soggetto di come appare in fotografia visibile, fotografia di riflettanza UV, fotografia di fluorescenza UV. La fluorescenza è un processo di riemissione di un fotone ad energia inferiore a seguito di un assorbimento di un fotone ad energia superiore, quindi detto in altri termini i pigmenti flourescenti convertono l'energia assorbita dalla radiazione UV emettendo radiazione visibile a diverse lunghezze d'onda (caratteristiche dei pigmenti) nel blu e nel verde. Nello specifico si può osservare che le parti che mostrano il maggiore assorbimento in riflettanza riemettono nel visibile: è un comune meccanismo in natura per dissipare l'energia solare che altrimenti se fosse interamente assorbita potrebbe causare danni (si veda analogo meccanismo di protezione dagli UV negli scorpioni). Ovviamente la fotografia in fluorescenza è più facile da ottenere e può essere anche fatta con una comune fotocamera non modificata (usando ovviamente una sorgente UV e un filtro per eliminare il contributo UV) dato che è una fotografia in visibile, talvolta si può anche registrare fluorescenza da UV a IR, anche in quel servirebbe una fotocamera modificata.
Spero queste piccoli sguardi possano dare una chiave di comprensione e aprire un dibattito sulla percezione visiva degli insetti e delle formiche.
Demografia delle colonie - Temnothorax nylanderi (uova di operaie) - T. affinis - Tetramorium caespitum - Lasius emarginatus - L. platythorax - L. paralienus - Camponotus lateralis - Pheidole pallidula - Allevare Formicaleoni!
Camponotus aethiops - C. ligniperda - C. vagus - Crematogaster scutellaris - Temnothorax sp. - Myrmica sp. - Messor capitatus
Camponotus aethiops - C. ligniperda - C. vagus - Crematogaster scutellaris - Temnothorax sp. - Myrmica sp. - Messor capitatus
-
entoK - Messaggi: 2109
- Iscritto il: 26 set '11
- Località: Val Parma - Emilia
Re: Fotografia UV, alcuni sguardi sulla visione degli insett
Argomento interessantissimo che mi ha fatto tornare col ricordo a Fondamenti di Ottica del corso di Fisica Tecnica Peccato che non riesco a vedere le foto, solo i due scatti al vicino infrarosso e all’ultravioletto della montagna innevata mi sono visibili.
“Parvula (nam exemplo est) magni formica laboris
Ore trahit, quodcunque potest, atque addit acervo
Quem struit; haud ignara ac non incauta futuri.”
Orazio
Ore trahit, quodcunque potest, atque addit acervo
Quem struit; haud ignara ac non incauta futuri.”
Orazio
-
ŠpidĖrman - Messaggi: 467
- Iscritto il: 14 giu '19
- Località: Vicino L’Aquila - Abruzzo
Re: Fotografia UV, alcuni sguardi sulla visione degli insett
Sono tornato questa mattina su questo interessantissimo sguardo sulla fotografia UV per vedere se riuscivo a visionare le foto e le ho potute vedere finalmente, quindi probabilmente ieri sera era un problema mio!
“Parvula (nam exemplo est) magni formica laboris
Ore trahit, quodcunque potest, atque addit acervo
Quem struit; haud ignara ac non incauta futuri.”
Orazio
Ore trahit, quodcunque potest, atque addit acervo
Quem struit; haud ignara ac non incauta futuri.”
Orazio
-
ŠpidĖrman - Messaggi: 467
- Iscritto il: 14 giu '19
- Località: Vicino L’Aquila - Abruzzo
Re: Fotografia UV, alcuni sguardi sulla visione degli insett
Bentornato EntoK!
Interessante!
No ŠpidĖrman, anche io ieri non riuscivo a vedere le foto, che adesso vedo benissimo...
Interessante!
No ŠpidĖrman, anche io ieri non riuscivo a vedere le foto, che adesso vedo benissimo...
Spoiler: mostra
-
GianniBert - Messaggi: 4499
- Iscritto il: 15 dic '10
- Località: Milano
Re: Fotografia UV, alcuni sguardi sulla visione degli insett
Confermo, mi ero dimenticato di rendere pubblico l'album inizialmente.
Comunque ho trovato una pubblicazione liberamente consultabile che fa un bel riepilogo dei vari studi sulla visione in Formicidae e in realtà sembra che a partire dalla sensibilità di partenza che avevo accennato comune alla maggior parte degli imenotteri, ci siano anche esiti evolutivi diverse in alcuni casi. Lo potete trovare qui se vi interessa è una lettura abbastanza compendiaria e leggera da leggere: https://www.researchgate.net/publication/323567457_Spectral_sensitivies_of_ants_-_a_review
Comunque ho trovato una pubblicazione liberamente consultabile che fa un bel riepilogo dei vari studi sulla visione in Formicidae e in realtà sembra che a partire dalla sensibilità di partenza che avevo accennato comune alla maggior parte degli imenotteri, ci siano anche esiti evolutivi diverse in alcuni casi. Lo potete trovare qui se vi interessa è una lettura abbastanza compendiaria e leggera da leggere: https://www.researchgate.net/publication/323567457_Spectral_sensitivies_of_ants_-_a_review
Demografia delle colonie - Temnothorax nylanderi (uova di operaie) - T. affinis - Tetramorium caespitum - Lasius emarginatus - L. platythorax - L. paralienus - Camponotus lateralis - Pheidole pallidula - Allevare Formicaleoni!
Camponotus aethiops - C. ligniperda - C. vagus - Crematogaster scutellaris - Temnothorax sp. - Myrmica sp. - Messor capitatus
Camponotus aethiops - C. ligniperda - C. vagus - Crematogaster scutellaris - Temnothorax sp. - Myrmica sp. - Messor capitatus
-
entoK - Messaggi: 2109
- Iscritto il: 26 set '11
- Località: Val Parma - Emilia
5 messaggi
• Pagina 1 di 1
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Nessuno e 4 ospiti