• Home
  • Forum
  • Costruire un formicaio
    • Costruire un formicaio di gesso (1)
    • Costruire un formicaio di gesso (2)
    • Costruire un formicaio di ytong
    • Costruire un formicaio di legno
    • Costruire un formicaio in galle
    • Formicaio verticale scavabile
    • Formicaio in più materiali
    • Formicaio orizzontale in sughero
    • Metodi Antifuga
  • Cura della colonia
    • Fondazione della colonia
    • Regole generali
    • Fasi di crescita
    • La dieta Bhatkar
    • L'ibernazione
  • Formiche italiane
  • Mirmecologia
  • Photo Gallery
  • Entra in chat
Cerca nel sito

Gli articoli più letti
  • Informazioni generali sul mantenimento di una colonia
  • Fondazione
  • Formicaio artificiale a lastre affiancate
  • Scheda: Messor capitatus
  • Formicaio artificiale in gasbeton (ytong)
  • Lista specie italiane
  • Costruire un formicaio in gesso (variante 2)
  • Scheda: Crematogaster scutellaris
  • Costruire un formicaio di gesso (variante 1)
  • Scheda: Lasius niger
  • Nidi di legno per formiche carpentiere
  • Scheda: Camponotus vagus
  • Formicaio "ibrido" - (variante 3)
  • La dieta Bhatkar
  • L' antifuga e l'arena esterna
Visitatori
 1265 visitatori online

Informazioni generali sul mantenimento di una colonia

PostDateIconVenerdì 11 Marzo 2011 00:29 | Scritto da Luca Bosetti | PDF | Stampa | E-mail


Un
formicaio artificiale è, al pari di un acquario, la riproduzione di un habitat, e ogni habitat presenta certi parametri e ha precise caratteristiche.
Quando decidiamo come fare il nostro formicaio, dobbiamo tenere in considerazione due aspetti principali:

1) Deve essere un ambiente ospitale per la nostra colonia e presentare tutti gli elementi
indispensabili a mantenerla in salute e consentirle di ingrandirsi;

2) Deve consentire a noi di poter osservare la nostra colonia senza causare “disturbo” alla stessa,
così da gustarci questo peculiare tipo di allevamento (come avviene in un acquario).

Un formicaio è composto anzitutto da due parti:




1) Formicaio vero e proprio;




2) Arena.


Il formicaio rappresenta lo spazio interno dove si svolge la maggior parte della vita della nostra colonia. E’ costituito essenzialmente da tunnel e stanze.

L’arena è invece la zona di foraggiamento e rappresenta lo spazio esterno del formicaio. E’ il luogo dove le nostre formiche “escono” per cercare cibo ed acqua e rappresenta l’areale che loro difendono.

Elementi indispensabili per la colonia

Gli elementi indispensabili per la colonia, in funzione della specie in possesso, sono:

(clicca sul titolo per visitare la sezione corrispondente)

1) Giusto materiale del formicaio;

2) Giusta dimensione e ambientazione dell’arena;

3) Giusta alimentazione;

4) Giusto grado di umidità;

5) Giusta temperatura;

6) Giusta luminosità.




Materiale del formicaio:

Per scegliere quale materiale usare conviene guardare ciò che avviene in natura. Essenzialmente le specie si dividono in due tipi principali. Le specie arboricole preferiranno formicai fatti nel legno, mentre specie terricole preferiranno nidi in terra, sabbia, argilla, gesso, y-tong, gasbeton.


Questo aspetto non è da sottovalutare, poiché specie particolarmente sensibili possono manifestare una sorta di “stress” causato dalla detenzione in un materiale non di loro gradimento e, in tali condizioni, possono deporre meno, mostrare difficoltà varie e, nei casi più gravi, smettere di deporre lasciando la colonia morire.

I formicai dovrebbero crescere insieme alla colonia. Quindi è del tutto controproducente porre colonie piccole in formicai enormi. Le operaie rischieranno, infatti, di perdersi e morire. Inoltre lo spazio vuoto non verrebbe tenuto pulito dalle poche operaie, causando la proliferazione di funghi e batteri (anche patogeni). Tutti i parametri sono più difficili da tenere sotto controllo e si rischia di causare un blocco alla crescita della colonia o, ancora peggio, la morte della stessa.

Meglio far passare la colonia da diversi formicai di "accrescimento" e solo quando avrà raggiunto diverse centinaia di operaie porla in un formicaio molto grande.



Giusta dimensione a ambientazione dell’arena:

L’arena è un misto di praticità, gusto estetico ed utilità (sia per noi che per le formiche stesse). Le dimensioni devono essere adatte alla colonia, tenendo in considerazione il fatto che in natura le operaie si allontanano dal formicaio solo nel momento in cui non trovano sufficiente cibo nei paraggi e, comunque, il numero di operaie che usciranno sarà sempre una esigua minoranza del numero complessivo di operaie della colonia.

Inutili sono, quindi, arene giganti per coloniette di poche decine di esemplari. Spazi troppo grandi possono, al contrario, causare disturbo, poiché le operaie possono sentirsi meno al sicuro avendo più spazio da dover controllare e difendere.



Il materiale da usare va scelto con cura. Teniamo presente che fondi di terra o sabbia troppo profondi potrebbero indurre colonie terricole a scavare e a portare la colonia sotto terra nell’arena (anziché usare il formicaio che gli abbiamo costruito). Così come l’aggiunta di pietre grosse può indurre la colonia a cercare riparo al di sotto di questa. Un modo di evitare tutto ciò è porre prima le pietre (incollandole magari al pavimento dell’arena, per poi disporre un sottile strato di terra, sabbia o altro materiale. Ricordiamoci infine che quasi sempre le operaie portano nel formicaio granuli di sabbia e pezzi di terra per coprire spifferi o il vetro di osservazione e aiutare le larve a creare i bozzoli.



Giusta alimentazione:

Non c’è al riguardo una linea precisa. Bisogna solo basarsi sulle esigenze della singole specie. Ciò di cui tutte hanno bisogno sono anzitutto:

1) Proteine (soprattutto regina e stadi larvali);

2) Carboidrati (soprattutto operaie);

Le fonti proteiche possono essere le più disparate. Le più comuni sono il latte, uova e gli insetti (questi ultimi sicuramente i più graditi e naturali … oltre che completi).




Riguardo ai carboidrati si usa soprattutto il miele che può essere lasciato in goccioline piccolissime poste su una piccola base lavabile o si può usare un batuffolo di cotone imbevuto di una soluzione di acqua e miele ( ideale per le specie più piccole che rischiano l’annegamento).






Infine ci sono gelatine per insetti e preparati casalinghi (Es. dieta Bhatkar), che offrono tutte le sostanze di cui necessita la colonia.





L’assunzione di insetti è comunque sempre consigliata per la ricchezza di proteine, carboidrati e micronutrienti.


Giusto grado di umidità:

Per alcune specie l’umidità non è un fattore importantissimo … ma per altre è essenziale. La Myrmica rubra, per esempio, richiede abbondante umidità del formicaio, mentre le Messor o le Camponotus vagus vivono bene anche in formicai più asciutti. Bisogna documentarsi bene su questo parametro così da decidere, in fase di costruzione del nido, quale metodo usare per creare il giusto tasso di umidità.



Si possono creare camere da riempire di acqua internamente al materiale o esternamente, si può usare una provetta attaccata ad una delle aperture del formicaio, si possono creare piedi da immergere in bacinelle o si può semplicemente versare dell’acqua nell’ arena. Esistono molte soluzioni ma, la più diffusa, è sicuramente la creazione di stanze isolate dal formicaio da riempire ogni tanto.







Giusta temperatura:

La temperatura è un fattore importante poiché stabilisce il grado di attività della colonia. Sicuramente far vivere la stagionalità (le 4 stagioni) è il modo più naturale per evitare brusche variazioni di temperatura (a volte letali), ma in cattività principalmente l’anno è diviso in due stagioni:

periodo di attività (primavera-estat-autunno con temperature tra i 20 e i 28 °C)

periodo di ibernazione (fine autunno-inverno con temperature dai 2 agli 8 °C)

Questi valori sono solo indicativi. Spesso colonie sono sopravvissute a giorni in cui le temperature sono scese sotto lo 0. Ma ricordiamo che anche quando la temperatura scende molto sotto lo 0, appena pochi centimetri sotto terra la temperatura è di diversi gradi sopra lo 0.

Cosa diversa sono le specie tropicali che, il più delle volte, richiedono costanti valori di temperatura durante tutto l’anno, ottenibili mediante l’uso di lampade riscaldanti, tappeti elettrici riscaldanti, cavetti riscaldanti, ecc.



Giusta luminosità:

La luminosità è uno dei fattori sui quali meno si sa. Che gioco ruoli e la sua importanza è ancora da capire appieno. Alcune specie amano il crepuscolo ed escono fuori in tarda serata o notte … altre preferisono ambienti molto luminosi.

E’ comunque sempre consigliabile dare alla colonia un “fotoperiodo”… così da riprodurre al meglio il ritmo giorno/notte.



I vetri del formicaio, soprattutto per le specie più sensibili alla luce, possono essere coperti con carta trasparente color rosso o essere coperti totalmente. Ma la maggior parte delle specie si abitua anche a non aver alcuna copertura.






In fase di fondazione, al contrario, è sempre meglio lasciare la regina al buio. Questo per causarle il meno stress possibile. Essendo sola è infatti più facilmente stressabile, poiché per istinto percepisce pericoli ovunque. Quindi conviene tenere la provetta contenente la regina in una scatola chiusa o in un cassetto.




Questa breve guida vuole gettare solo delle basi molto generiche al fine di capire meglio le schede di allevamento delle singole specie che troverete sul sito.



 

Fondazione

PostDateIconLunedì 28 Febbraio 2011 16:28 | Scritto da Luca Bosetti | PDF | Stampa | E-mail


La fase della fondazione è un momento cruciale e delicato della vita di una colonia.

La Regina, dopo l’accoppiamento, solitamente si stacca le ali (spesso anche a distanza di qualche giorno) e cerca immediatamente un luogo riparato dove passare le successive fasi, che possono durare parecchi mesi. Può rifugiarsi sotto una pietra, dentro una galla o, più comunemente, scavarsi un piccolo tunnel nella terra sigillando successivamente l’entrata.

Le regine delle diverse specie di formiche sciamano dalla primavera all’autunno, a seconda della specie. Ogni specie ha infatti periodi di sciamatura abbastanza definiti, che sono riassunti in questo schema.

Tali periodi sono comunque indicativi solo a livello generale, poiché non tengono in considerazione fattori ambientali quali la collocazione geografica della colonia madre, le variazioni annuali di temperature stagionali e i casi “eccezionali” (che, sebbene rari, si possono comunque presentare).

La maggior parte delle regine non si alimentano durante la fase di fondazione (fondazione in condizione claustrale). Alcune specie (ad esempio le appartenenti al genere Myrmica, Ponera e alcune Formica) fondano in condizioni di semi-claustralità, cioè la regina foraggia saltuariamente.

Quando troviamo una regina, la prima cosa da fare è quella di riprodurre le condizioni ideali perché essa inizi la fase di fondazione. Tali condizioni si ottengono mediante diversi punti essenziali:

1) Fornire alla regina un ambiente piccolo, nel quale possa sentirsi a suo agio e al sicuro come se stesse all’interno di un tunnel sotterraneo sigillato. Per fare ciò si può collocare la regina in una provetta: vanno bene sia in vetro che in plastica, e queste ultime sono facilmente reperibili in farmacia poiché usate per raccogliere i campioni di urina per le analisi.


2)
Fornire un giusto grado di umidità. Questo lo si ottiene creando un serbatoio di acqua nel fondo della provetta. Per fare ciò si procede riempendo circa 1/3 della provetta con dell’acqua e creando subito dopo un “tappo” di cotone pressato il più possibile così da mantenere il serbatoio separato dallo spazio in cui sosterà la regina.

3) Chiudere l’entrata della provetta con del cotone non eccessivamente pressato, così da evitare che la regina possa scappare e fornendole un senso di protezione. La riserva di aria all’interno della provetta è sufficiente per i primi mesi, e comunque, dal cotone non eccessivamente pressato si ha un minimo di entrata di aria.

4) Porre la provetta in un ambiente buio e tranquillo (un cassetto, un armadio o una scatola) cercando di evitare di disturbare la regina: i controlli dovrebbero essere limitati ad 1 ogni 10-15 giorni circa.





Le regine di specie che fondano in condizione di claustralità non vanno mai alimentate fino alla nascita delle prime operaie.
Alle regine di specie che fondano in condizione di semi-claustralità  andrebbe invece somministrato cibo di tanto in tanto (1 moscerino ogni 10-15 giorni è più che sufficiente) eliminando successivamente i resti.
Alla nascita delle prime operaie si può iniziare a somministrare, di tanto in tanto, una piccola gocciolina di miele (ad esempio immergendo nel miele la punta di uno stuzzicadenti e successivamente, dopo aver tolto l’eccesso, toccando appena la superficie interna della provetta) o un piccolo insetto (come un moscerino o una zanzara). Man mano che la colonia cresce si aumenta il numero di somministrazioni. Consideriamo che in natura la prima generazione di operaie è alimentata dalla regina e le operaie iniziano a girare in cerca di cibo quando sono circa 20-30. Quindi, inizialmente, non esageriamo con il cibo. Meglio darne un po’ meno che non rischiare di creare pericolosi inquinamenti della provetta con resti organici che potrebbero far morire la colonia.

Raggiunta una colonia di almeno 50-100 operaie (in base alla dimensione della specie) trasferirle in un formicaio di adeguate dimensioni: 5-6 stanze sono più che sufficienti.

colonia_provetta


Quest’ultimo passaggio può essere ottenuto in due modi:

1) Spostando la colonia in formicai via via più grandi man mano che la colonia cresce di numero;

2) Spostando la colonia in un formicaio grande al quale avremo chiuso l’accesso alle diverse stanze (eccetto 5-6) mediante tappi di sabbia compressa, sughero (per le specie che riescono a bucare il legno come Camponotus vagus, Camponotus ligniperda, Crematogaster scutellaris) o altro materiale per loro facilmente lavorabile e non tossico (nella foto sono le parti in giallo). La colonia, man mano che crescerà e si sentirà “stretta”, rimuoverà i tappi occupando le aree del formicaio inizialmente non accessibili.

formicaio_blocchi

Non va dimenticato che, sebbene in cattività la percentuale di successo in fase di fondazione è più alta che in natura, questa è una fase molto delicata e non tutte le regine hanno le carte in regola per riuscire nell’impresa. Morti improvvise non sono sempre sinonimo di errori da parte nostra.


 

Fasi di accrescimento di una colonia

PostDateIconGiovedì 18 Agosto 2011 10:23 | Scritto da Luca Bosetti | PDF | Stampa | E-mail


Spesso ci chiediamo quali siano i passi giusti da fare per portare la nostra piccola e solitaria regina a formare una colonia ben sviluppata.

Gli ostacoli contro cui ci dobbiamo scontrare, soprattutto all’inizio, sono numerosi.

La fine dell’acqua nel serbatoio, le fughe dalle operaie dalla provetta mentre somministriamo cibo e la formazione di muffe e colonie batteriche nella provetta costituiscono solo alcuni dei problemi riscontrati nelle prime fasi di sviluppo della colonia.

Le domande che più generalmente ci si pone, sono:

- Come faccio a riempire il serbatoio dell’acqua senza causare stress alla mini colonia?

- Come faccio a cambiare il cotone della provetta che è ammuffito?

- Come faccio a dare cibo alle poche operaie senza che mi escano dalla provetta?

- Quando devo iniziare a dare da mangiare?

- Quando posso spostare la colonia in un vero formicaio?

- Quanto deve essere grande?


In questo articolo descriverò le fasi e le procedure che seguo nell’accrescimento di una colonia sulla base dell’ esperienza maturata dall’allevamento di diverse decine di specie differenti. Non è il solo modo di far sviluppare una colonia di formiche…ma, a mio avviso, è quello più semplice e sicuro da seguire.

Tutto ha inizio con il ritrovamento della nostra regina. Come prima cosa la poniamo in una provetta, preparandola seguendo i passi descritti nell’articolo “fondazione di una colonia”.

In questa fase, per le regine che fondano in claustrale, non bisogna assolutamente dare cibo mentre alle regina che fondano in semiclaustrale potremo dare un insettino una volta ogni 2-3 giorni .

Dopo diverso tempo potremo già riscontrare i primi problemi, come la fine dell’acqua nel serbatoio o l’ammuffimento del cotone dello stesso (soprattutto se avremo dato qualcosa da mangiare alla regina e questa non lo avrà consumato).

In caso queste cose avvengano quando abbiamo solo la regina, la cosa migliore e unire alla vecchia provetta una nuova ripreparata correttamente. Posta la nuova provetta davanti la precedente (tenendole unite con poco nastro isolante) si può indurre il trasloco oscurando la nuova provetta e ponendo la vecchia sotto una lampada:


Se invece abbiamo una mini colonia di una decina di operaie (a cui avremo fino ad ora dato qualche gocciolina di miele di tanto in tanto all’interno della provetta), la cosa migliore è porre la provetta aperta in una piccola arena al cui interno avremo posto un serbatoio di acqua costituito da una boccettina con l’imboccatura tappata con del cotone o una eppendorf chiusa nello stesso modo.

Provetta appena aperta in arena:

Il vantaggio di questa soluzione sta nell’assenza di stress per la colonia (si evitano continui traslochi), nella possibilità di riempire il serbatoio dell’acqua senza andare attorno alla colonia e nella possibilità di alimentare le operaie senza rischiare fughe e/o stress (è già arrivata, infatti, l’ora di dare i primi insettini alla colonia). Inoltre le operaie avranno la possibilità di portarsi nella provetta il cibo per poi buttare fuori gli avanzi, evitando contaminazioni interne, sporco ecc…

Se si pone un lieve strato di terra nell’arena, questa verrà accumulata all’imboccatura della provetta come un tappo. Le operaie apriranno e chiuderanno l’ingresso a piacimento in funzione delle esigenze della colonia.


Quando la colonia avrà raggiunto le 50-100 operaie (e nella provetta non ci sarà più spazio), sarà possibile trasferirla in un primo formicaio di accrescimento.

Colonie quasi pronte al trasferimento in formicaio artificiale:

Quello più pratico e che preferisco è la “variante 2” (http://formicarium.it/index.php/costruire-un-formicaio/58-costruire-un-formicaio-in-gesso-variante-2 ) con al massimo 2 stanze per lato.

In caso di specie arboricole, al posto della "variante 2" in gesso, si può costruire un piccolo nido in legno con un paio di stanze...proprio come questo:


Per traslocare la colonia sarà sufficiente rovesciare la provetta nell’arena del formicaio…o semplicemente porre la provetta aperta nell’arena, lasciando poi alla colonia la decisione di quando spostarsi.

Regina e parte delle operaie appena inserite nel nuovo formicaio:

E’ molto importante ricordarsi che porre una colonia piccola in un formicaio grande può essere controproducente e costarci la colonia stessa. Spesso, infatti, poste in un ambiente esageratamente grande, la regina smette di deporre e la colonia lentamente regredisce. Le formiche, in natura, occupano ambiente angusti e vivono ammassate le une alle altre. Quindi meglio il sovraffollamento che non il troppo spazio libero.

Questo è un esempio di quanto fitte possono stare le formiche in una stanza:

Prima di spostare nuovamente la colonia dovrete avere tutte le stanze così piene.

Quando la colonia avrà raggiunto diverse centinaia di operaie (in base alla specie) e lo spazio vitale sarà ormai completamente occupato, si potrà spostare la colonia in un formicaio più grande (sempre una variante 2 o un altro tipo di formicaio). Solitamente, in funzione della specie, ci vuole quale anno per arrivare a questo stadio. Il trasloco può essere fatto semplicemente unendo due formicaio con un tubo e aspettando che la colonia vi si trasferisca (o forzandola lasciando asciutto o eccessivamente umido il vecchio formicaio e/o riscaldandolo).

 

La dieta Bhatkar

PostDateIconVenerdì 18 Marzo 2011 13:45 | Scritto da Diana Bonetta | PDF | Stampa | E-mail


La dieta Bhatkar è una dieta artificiale per l'allevamento delle formiche.

La sua validità è stata scientificamente accertata nel 1970 presso l'università della Florida, testando l'efficacia della formulazione su 28 specie di formiche rappresentanti 4 diverse sottofamiglie di Formicidae.

Ecco la ricetta. 

Ingredienti:

- 5 grammi di Agar-Agar; (*)
- 500 cc di acqua;
- 1 uovo di gallina intero;
- 62 cc di miele;
- 1 pastiglia di complesso vitaminico/minerale (es. Multicentrum).


Mettere l'agar a mollo in 250 cc di acqua e riscaldare fino alla bollitura. Spegnere la fiamma e permettere al liquido di tornare a temperatura ambiente.
Triturare finemente la pastiglia vitaminica, con un pestello o il fondo di un bicchiere. 
Unire al composto di acqua e agar a temperatura ambiente la pastiglia vitaminica polverizzata, il miele, altri 250 cc di acqua e l'uovo intero, e frullare alla massima velocità per 3 minuti.
Versare il composto in capsule Petri (o altri recipienti, es. bicchierini per il caffè di plastica), porre i contenitori nel frigorifero e lasciare solidificare.
Conservare il composto in frigo o congelarlo nel freezer e offrirne alle formiche piccoli cubetti volta per volta.

(vedi
discussioni: 1- come somministrare l'alimento alle formiche, 2- esempio di Bhatkar)

(*) : l'Agar-Agar è un gelificante. Si può comprare in erboristeria, nelle sezioni "prodotti naturali" di alcuni ipermercati molto forniti, o anche in diversi negozi online. 

Scarica il documento pdf completo (in inglese)

La prima pagina:



 

Periodo di Ibernazione delle colonie

PostDateIconLunedì 29 Agosto 2011 22:39 | Scritto da Giovanni Bertazzoli | PDF | Stampa | E-mail


Periodo di riposo invernale o IBERNAZIONE per le specie autoctone

Per tutte le specie autoctone, quale che sia il tipo di nido e il materiale in cui sono allevate, è bene prevedere nel periodo invernale una fase di riposo equivalente a quelle che si verificano in natura.

Ognuno prenda in considerazione regione, quota o latitudine di provenienza delle proprie formiche, oltre alla specie in questione.

A questo proposito dobbiamo considerare che alcune delle nostre formiche di origine subtropicale o africana come quelle del Gruppo Messor, le Pheidole o Cataglyphis, Lasius, Tetramorium, Linepithema humile o Tapinoma ma anche specie più grandi di origini africane, come Camponotus nylanderi, o C. barbaricus non hanno l’obbligo assoluto di ibernarsi, ma affrontano ugualmente un lungo periodo di stasi come le altre nelle regioni o negli anni in cui le condizioni invernali si manifestano in modo tale da sconsigliare lo svolgersi della normale vita della colonia.


Origine probabile della fase di letargo.

Il periodo invernale riduce la possibilità di una colonia di approvvigionarsi in modo sufficiente a mantenere attiva tutta la popolazione. Il calo delle temperature riduce anche la mobilità degli insetti in generale e le formiche non fanno eccezione se non nelle specie meglio adattate.

Per le formiche del sud e di pianura è possibile un semplice rallentamento dell’attività, il calo del metabolismo, e la cessazione delle deposizioni di uova da parte della regina, mentre nelle popolazioni più a nord o di montagna questo rallentamento è così marcato che si verifica il vero e proprio letargo invernale, con l’immobilizzazione di tutta la colonia che si ammassa nelle stanze più protette del nido, di solito attorno alla regina e alla covata, che può rimanere inattiva per tutto il periodo.

Anche il tipo di dieta potrebbe essere significativo: la possibilità di alimentare la colonia con qualsiasi cibo reperibile rende ad esempio Pheidole, in vicinanza di fonti di calore, attiva anche in pieno inverno. La formica rufa che si alimenta prevalentemente di insetti e melata, non potrebbe sopravvivere data l’assenza abbondante di queste fonti, anche in assenza di neve nei suoi boschi di montagna abituali.

In specie di montagna con metabolismo particolare come Camponotus herculeanus e C. ligniperda, ma anche in Camponotus vagus, formiche che spesso trascorrono l’inverno al riparo di materiali confortevoli e isolanti come il legno, questa fase viene definita anche "diapausa invernale”, ed è uno stato di rallentamento totale dell’attività anche se la colonia fosse forzatamente mantenuta a temperature accettabili, o anche calde.

Quale che sia la temperatura della stanza in cui terremo alcune delle nostre Camponotus, già a fine settembre potremmo notare la totale apatia della colonia, tanto che possiamo considerare ragionevolmente fino a 6-8 mesi il periodo in cui questa non si dedicherà alla cura della covata, né sembrerà che le operaie o la regina vogliano alimentarsi.

Consiglio di rimpinzare a dovere prima di questo periodo le nostre colonie e di mantenerle in stanze se non fredde o gelide, almeno a temperature che non salgano oltre i 10 gradi.

Infatti uno dei rischi di una colonia inattiva, ma tenuta a temperatura troppo calda, oltre a uno stress generale, è che potrebbe rendere il nido vulnerabile all’attacco di muffe, funghi o altre malattie che il ridotto metabolismo delle formiche non potrebbe contrastare come nel periodo estivo. Inoltre, se le formiche si immobilizzano, grazie al loro metabolismo possono resistere meglio e più a lungo che se indotte a muoversi o a restare abbastanza sveglie anche se inattive.


Fase PRIMA: colonie iniziali in provetta e regine fondatrici.

Quando fosse possibile, per le colonie alla fase iniziale con poche operaie, o anche per le sole regine che fonderanno la primavera successiva, la stabulazione in frigorifero è utile e consigliata; infatti la temperatura mantenuta stabile è una buona garanzia che regine e operaie non siano infastidite da repentini sbalzi di temperatura.

Prima di inserire le provette o qualsiasi mini-formicaio in frigorifero è consigliabile far sentire alle formiche il calo graduale della temperatura. A questo scopo sarebbe sufficiente esporre le colonie alla temperatura esterna in modo che percepiscano almeno per qualche giorno, o anche settimana, il calo di luce e temperatura.

In ogni caso all’abbassarsi della temperatura, le formiche, che non hanno recettori come i nostri, semplicemente rallentano e si fermano, senza traumi particolari avvertibili, ma potrebbero essere impreparate ad affrontare in quello stato un lunghissimo periodo.

Sappiamo che la luce non influenza particolarmente le nostre formiche. Alcune supposizioni sulle condizioni che inducono le formiche al letargo comprendono quella del magnetismo terrestre; in ogni caso le formiche sentono avvicinarsi il periodo invernale e questo le condiziona a rallentare l’attività.

Le provette, a seconda della specie contenuta, possono essere tenute in frigorifero, o all’esterno (in questo caso protette con polistirolo o altri materiali isolanti) per tutto il periodo tipico dell’inverno delle regioni di provenienza.


Fase AVANZATA: colonie sviluppate con operaie numerose o grandi nidi artificiali.

Probabilmente nessuno di noi ha a disposizione celle frigorifere in cui mantenere tranquille le proprie colonie per lunghi periodi.

Già colonie di un anno possono essere piuttosto ingombranti anche private dell’arena esterna, per non parlare di chi ha teche giganti in cui abbia inserito tutto il nido.

Le soluzioni sono molteplici, e chi ha idee nuove e originali è ringraziato in anticipo per la sua esperienza. Io ad esempio mi limito a gestire i nidi più grandi mettendo semplicemente due fogli di polistirolo sulle vetrate anteriore e posteriore, ben a contatto con la superficie, assicurate con un giro di scotch di carta, in modo da creare una barriera più diretta possibile al vetro esposto. Il polistirolo, più o meno spesso, è un ottimo isolante, è questo fa sì che il freddo non raggiunga direttamente l'interno. Il vetro trasmette immediatamente la temperatura esterna, quindi è vulnerabile agli sbalzi termici. Con il plexiglas invece si hanno trasmissioni termiche meno nette, ma questo non vuol dire che il sottile strato non faccia passare il freddo.

Spostare le colonie in garage non riscaldati, in cantine, metterli sul davanzale di una finestra o su un balcone (sempre, in questo caso, in certe regioni va ricreata una situazione di temperatura stabilmente rigida, quindi proteggere il nido da eventuali raggi di sole, come da gelate improvvise, mettendoli al coperto di contenitori studiati ad hoc), in verande, magazzini, sono le soluzioni più a buon mercato e attuabili.

Anche se la colonia non è proprio al gelo, ma al di sotto dei 10 gradi, spesso è sufficiente a ricreare le condizioni ideali per il suo letargo invernale, mentre nel caso di specie particolarmente ostiche (come Myrmica ruginodis, Manica rubida, Formica rufa, ad esempio) potrebbe essere necessario mantenere queste temperature intorno allo zero anche per lunghi periodi per indurre la colonia a immobilizzarsi. Questo rende tutto più difficile se avete preso le vostre colonie da regioni non di vostra appartenenza (un siciliano che si sia procurato una colonia di Myrmica ruginodis originaria del Trentino), quindi è sempre bene prevedere in anticipo i pericoli e le difficoltà di procurarsi e mantenere formiche che poi non potremo gestire correttamente.


Colonie in cui l’ibernazione non è obbligatoria.

Formiche di origine mediterranea (Messor, Pheidole pallidula, Aphaenogaster spinosa, Tapinoma, Catagliphys) ma anche specie molto elastiche come Lasius o Tetramorium, non hanno l’obbligo stretto di ibernarsi, anche se è sempre consigliabile favorire una fase di riposo soprattutto alla regine in colonie sviluppate che pruducano abbondanti covate estive.

Anche nelle regioni del nord è possibile vedere formiche del genere Tapinoma bottinare all’aperto in pieno inverno con 5-6 gradi, a patto che il terreno sia colpito da raggi di sole. Come ho già iscritto altrove, non abbiamo dati che ci dicano quelli siano le temperature reali di un nido (ad esempio di C. nylanderi) interrato in un prato esposto al sole, in Sicilia o Puglia; a quale profondità staranno le formiche? Si immobilizzeranno, o troveranno un ambiente di stasi in cui fermano la ovata e semplicemente passano il tempo? Non ci sono esperienze dirette, ma certo sotto un sasso, in un terreno spoglio, sotto il sole per molte ore, sviluppa una buona temperatura anche in pieno inverno: e se le formiche stessero semplicemente pochi centimetri sotto, riceverebbero tutti gli effetti di un solarium...

Le colonie di Messor, Formica cunicularia, F. cinerea, Tetramorium, Pheidole, possono trascorrere l’inverno in condizioni di semi-letargo, semplicemente rallentando l’attività, ma senza mai immobilizzarsi del tutto, anche al di sotto dei 10-12 gradi.

In questi casi si può decidere di far saltare direttamente l’ibernazione a tutta la colonia, o di limitarla ad un arco breve di pochi mesi (anche solo 2). Le formiche mantengono in stasi la covata per tutto l’inverno se le temperature non si alzano per un periodo che possa far loro intendere che il periodo difficile è terminato. Non è strettamente necessario fornire cibo alle colonie in questo periodo, mentre è bene controllare che l’umidità latente sia sempre accettabile all’interno del nido, o che le operaie possano accedere a una fonte di idratazione.

Uno dei rischi è quello di lasciar seccare l’aria del nido troppo a lungo e di far morire la colonia nel sonno; controllate sempre che ci sia una fonte d’umidità a portata delle formiche.

Sottoposte a forti e duraturi periodi di riscaldamento anche in pieno inverno, Messor, ma anche Pheidole o Tetramorium, iniziano a deporre le uova e a sviluppare la covata come in piena estate, non essendo influenzate come i Camponotus o Formica da altri fattori genetici. In questo caso l’alimentazione della colonia deve essere mantenuta normale come in piena estate.


Esperienze personali:

Le colonie di formiche autoctone possono sopportare temperature molto più basse, per brevi periodi, di quello che possiamo immaginare. La mia colonia di Messor capitatus ha superato alcuni inverni in garage non riscaldato anche per diversi giorni con temperature esterne al di sotto dei -5° fino a -7°, semplicemente ammassandosi e immobilizzandosi. La colonia non sembra averne mai avuto conseguenze negative, che si sono verificate invece in annate in cui la mantenevo a 8-15 gradi. Temperature che bastavano a rallentare il metabolismo, ma esponevano la colonia a rischi d’infezioni esterne, che con temperature prossime allo zero non si verificano.

Alle stesse condizioni la colonia di Formica cunicolaria, pur rimanendo inattiva in senso stretto, non si è nemmeno mai bloccata.

Myrmica rubra ha trascorso l’inverno in provetta (4 regine, circa 50 operaie) semplicemente dentro una scatola di Ferrero Rocher, senza protezioni, sul davanzale della finestra. Le formiche non si sono mai immobilizzate del tutto.

Ho mantenuto invece le Camponotus maggiori in frigorifero o, nel caso delle C. vagus, il nido all’esterno o all’interno di una finestra abbastanza riparata, ma con temperature che non salivano mai sopra i 10-15 gradi, e la colonia si è riattivata spontaneamente a fine febbraio, dopo una stasi che era iniziata già a fine settembre.

Lo stato della colonia di Camponotus vagusprima del risveglio dal letargo del 2011/2012.

alt

Una nota particolare va aggiunta sulle fasi vitali di alcune specie di formiche per coloro che sono interessati a vedere lo sviluppo dei sessuati nelle proprie colonie mature:

Nel caso delle formiche del gruppo Myrmica, si sa che la nascita di regine primaverili avviene solo con uova schiuse in autunno che abbiano passato la fase invernale in ibernazione allo stato di larva. Questa è una condizione generalmente necessaria; serve l'assenza dei feromoni inibitori della regina a far sì che alcune di queste larve si sviluppino in altrettante regine, e questa cosa avviene durante il letargo invernale. Non abbiamo dati che possano far pensare che ciò possa influenzare anche altre specie. Myrmica è una delle più studiate in tal senso, ma è possibile che alcune specie autoctone seguano lo stesso iter.

Consiglio:

In caso di regine fondatrici che abbiano compiuto il volo nuziale autunnale, sarebbe bene rispettare la pausa invernale senza sfalsare i loro tempi di deposizione mantenendole a temperature elevate, cosa che è possibile favorire negli anni successivi in cui la popolazione la possa assistere. La regina da sola rischia maggiori stress ed è sempre al limite del suo equilibrio, mentre in presenza delle operaie può essere mantenuta sveglia e produttiva (sempre con riferimento a specie che non hanno la fase letargica obbligata).


L'uscita dal letargo invernale

Quale che sia la durata del periodo di riposo invernale, le formiche percepiscono immediatamente il cambio di temperatura, e iniziano a muoversi per riprendere la normale attività per quelle immobilizzate, mentre quelle che non si sono mai bloccate hanno un'accelerazione rivolta alle pulizie del nido, al foraggiamento e all'esplorazione dell'ambiente.

Possono essere necessari da poche ore ad alcuni giorni perché l'attività di tutta la colonia (colonie adulte o con più di 100 operaie) riprenda a comportarsi normalmente, ma per riattivare la deposizione della regina o lo sviluppo della covata latente è bene considerare che questa fase si attiva in presenza di un periodo di calore CONTINUO per più di una settimana, a volte anche per almeno 15 giorni. La regina depone se è sicura che la bella stagione è davvero tornata! Questa informazione le arriva tramite gli stimoli esterni delle figlie: proteine fresche, cibo in abbondanza e, appunto, il rialzarsi stabile delle temperature.

Quanto al modo di rialzare le temperature, è ovvio che sia meglio un rialzo graduale che imiti la realtà naturale. Probabilmente un rialzo repentino non arrecherebbe danni alle formiche e alla covata, ma non abbiamo dati in proposito, per cui mi sembra più logico i procedimento di portare la colonia gradualmente in zone della casa sempre più calde. metteteci pure due giorni, una settimana, quindici giorni... giusto non fatele passare in un'ora dal frigo al termosifone! Va tenuto in considerazione anche l'alloggio della colonia: in provetta gli sbalzi termici vengono percepiti immediatamente, nel legno più velocemente che nel gasbeton, per ultimo metterei il gesso.

La durata dell'ibernazione, anche nei confronti di specie non-obbligate, deve essere percepibile per loro e applicata con buon senso. E' vero ad esempio che si possono ingannare le formiche mettendole in frigo per breve tempo (anche pochi giorni) e fingere subito un rientro primaverile, ma non abbiamo prove che questa procedura non crei degli scompensi metabolici sulle regine. Quello che sappiamo è che le formiche sono molto robuste e adattabili, ma non abbiamo resoconti dettagliati su campioni significativi che questo trattamento sia indolore. Personalmente consiglio un minimo di due mesi, con le specie meglio adattabili (come le Formica) e suggerisco di rispettare la stagionalità della specie in questione. Con Camponotus herculeanus, e C. ligniperda, per prendere due specie estreme, non scenderei sotto i tre mesi, possibilmente rispettando il fotoperiodo dell'ambiente dove vivono abitualmente!

L'apporto proteico, meglio se con insetti morbidi, è sempre gradito nelle colonie già sviluppate, ed è necessario in quelle con covata di larve latente, mentre bisogna attenersi alla regola "niente cibo fino alle prime operaie” per tutte le regine fondatrici di sciamatura autunnale.

Queste regole non sono assolute. Ogni allevatore può, soprattutto in situazioni sperimentali, variare tempi e condizioni, ma raccomandiamo i neofiti di seguire attentamente la tipologia delle formiche che ha in cura. Ogni possibile sorpresa da parte delle formiche è una normale eccezione visto il genere di animale sociale che esaminiamo: le formiche sono VIVE! Non sono macchine! L'inverno e l'estate 2015/2016 e il conseguente autunno con le temperature anomale hanno fatto sballare periodi di sciamatura e comportamento di molte regioni, ma non dobbiamo considerare questo fatto come normale e archiviato, anche se dobbiamo tenerne conto!


Ultimo aggiornamento (Martedì 15 Novembre 2016 11:18)

 
feed-image

tutti i contenuti appartengono
ai rispettivi autori.

formicarium.it © 2010 - 2012